«Così ho ritrovato il corpo di Yara»

Parla Ilario Scotti, l'uomo che ha ritrovato il cadavere di Yara Gambirasio tra le sterpaglie, in un campo di Chignolo d'Isola, in provincia di Bergamo. «È stato soltanto un caso».

«Mi sento molto male ora, non riesco a esprimere in parole quello che ho visto»

28/02/2011
Una squadra di "Esperti ricerca tracce" (Ert) della polizia scientifica sul luogo dove è stato trovato il corpo Yara Gambirasio, a Chignolo d'Isola, in provincia di Bergamo.
Una squadra di "Esperti ricerca tracce" (Ert) della polizia scientifica sul luogo dove è stato trovato il corpo Yara Gambirasio, a Chignolo d'Isola, in provincia di Bergamo.

«Fatico a esprimere a parole quello che ho visto. La notte non ho dormito, sono molto scosso». Ilario Scotti, 48 anni, di Bonate Sotto, è un padre di famiglia. Fa l'impiegato per un'azienda alimentare e ha l'hobby dell'aeromodellismo. È lui, verso le 15,30 di sabato 26 febbraio, ad aver trovato il corpo della povera Yara. «Pensavo di trascorrere un tranquillo pomeriggio di distensione dedicandomi al mio passatempo preferito», ha detto, «e invece... ho trovato qualcosa che nessuno avrebbe mai voluto trovare».

Non cercava notorietà, non voleva pubblicità. Ilario Scotti nella drammatica storia di Yara ci è finito per caso, un puro e semplice caso. Sabato pomeriggio voleva soltanto provare uno dei suoi modellini radio guidati. «Il mio hobby è quello di costruire e far volare modellini di aeroplano. Da sempre ho la passione del modellismo. Li costruisco, li provo io. Quello di Chignolo d'Isola è un prato dove vado, perché lì non do fastidio a nessuno. Quel che è successo è frutto soltanto del caso, un caso fortuito. Stavo provando un modello a cui avevo fatto delle modifiche» racconta l'uomo, «e lo stavo verificando. L'aereo ha compiuto una traiettoria anomala, non volava bene, così l'ho fatto scendere nel campo, per evitare che cadesse e si rompesse, con danni evidentemente maggiori. Quindi, mi sono addentrato nel campo per recuperare il modellino. Quando l'ho trovato, a circa un metro, un metro e mezzo di distanza ho notato qualcosa, fra le sterpaglie. La prima impressione è di aver visto un mucchio di stracci buttati lì da qualcuno. Ma appena mi sono reso conto che era una persona, non ho esitato e ho subito chiamato il 113».

In pochi minuti, quell'area campestre circondata da capannoni industriali si è letteralmente riempita di polizia. «Non ho assolutamente pensato che si trattasse di Yara, pur avendo seguito come tutti la vicenda sui media. Anzi, all'inizio ho pensato che si trattasse di un ragazzo. Solo dopo l'arrivo degli inquirenti mi sono reso conto che poteva essere lei. Se il mio aeroplanino non fosse finito proprio in quel punto, non l'avrei mai vista: era nascosta dalle sterpaglie».

Eppure quell'area è frequentata: vicino c'è la discoteca «Sabbie Evolution». Lungo il sentiero sterrato che attraversa i campi spesso si vede gente a spasso con i cani, ma anche cercatori di funghi o appassionati di mountain bike. «Lungo il sentiero d'asfalto che costeggia i capannoni, alcuni appassionati spesso fanno correre le macchinine radiocomandate», conferma Scotti. «Io di solito faccio atterrare l'aeroplanino ai miei piedi, sull'asfalto, non nel prato. È stato solo un caso: l'aereo ha fatto un'evoluzione e così l'ho fatto planare, perché non si rompesse. È così che ho trovato il corpo».

È ancora scosso, Ilario Scotti: non vuole e non può dire di più: «Non posso aggiungere altro, non voglio visibilità. Quello che dovevo dire l'ho già detto agli inquirenti. Ho un grande rispetto per il dolore della famiglia e non mi sento di comparire, per rispetto di questi genitori, che hanno scelto la via della riservatezza, affidandosi completamente agli inquirenti. Mi sento molto male ora, non riesco a esprimere in parole quello che ho visto. Posso solo dire di essere vicino alla famiglia, che non conosco, per il grande dolore che prova in questo momento. Io l'ho trovata per caso e ho fatto soltanto ciò che qualunque altro cittadino avrebbe fatto: chiamare subito le forze dell'ordine. Mi dispiace tanto per la storia di questa ragazza».

Dopo il ritrovamento, Ilario Scotti ha trascorso tutto il pomeriggio in questura, dove ha reso una dettagliata testimonianza. «Quando sono tornato a casa», ha aggiunto, «non sono riuscito a cenare e, la notte, non ho dormito. Sono un cittadino tranquillo, ho la mia famiglia, i miei interessi. Sono capitato in questa vicenda per una pura fatalità. In quel momento la sola cosa che ho pensato è stata chiamare il 113, avvisare qualcuno, perché intervenisse al più presto».

«È stato un caso, soltanto un caso», ripete Ilario Scotti.  Se quel giocattolo avesse funzionato bene, non sarebbe neppure finito nel prato: Yara sarebbe ancora una ragazzina scomparsa e un lume di speranza, pur flebile, di ritrovarla viva sarebbe rimasto acceso, nel cuore dei suoi cari, come in quello degli inquirenti e dei ricercatori, che per tre mesi non hanno conosciuto soste. Invece quel modellino si è posato proprio lì, accanto alla piccola Yara, a tre mesi esatti da quel maledetto venerdì 26 novembre, in cui uscì di casa per non tornare più.

                                                                                 Vittorio Attanà

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