28/02/2011
La vicenda atroce di Yara Gambirasio per tre mesi ha toccato il cuore dell'Italia. Nessuno, però, l'ha seguita da vicino come i giornalisti dell'Eco di Bergamo, che giorno per giorno l'hanno vissuta, sofferta e raccontata. "Per molto tempo", spiega Andrea Valesini, dell'ufficio dei capiredattori del quotidiano bergamasco, "la gente ci fermava per strada. Sempre uguale la domanda: sapete qualcosa? Ci sono novità? Per questo, quando è arrivata la notizia del ritrovamento del corpo, qui da noi tutto si è fermato in un'atmosfera piena di angoscia. Un po' tutti noi, ma soprattutto chi aveva seguito per lavoro il rapimento, aveva finito con l'identificarsi nella famiglia Gambirasio, nel suo dramma. Il dramma di una famiglia come tante dal punto di vista sociale, ma composta e forte. Una famiglia con cui era facile identificarsi. Lo stesso questore di Bergamo, il dottor Vincenzo Ricciardi, diceva spesso: questa è molto più di un'inchiesta giudiziaria. Aveva ragione".
- Tu sei un giornalista. La stampa non ci è andata leggera, soprattutto nei primi tempi...
"Quando alcuni hanno cominciato a scrivere di Brembate, il paese di Yara, come di un paese omertoso, di un paese "leghista", noi sapevamo benissimo che, come minimo, stavano sbagliando obiettivo. Sapevamo che non tenevano in alcuna considerazione il fatto che la scomparsa di Yara era soprattutto un grande dolore per la comunità. Che, semmai, non parlava perché non c'era nulla da dire, perché era giusto tacere".
- Hai già fatto cenno a un tema difficile. Quando fu arrestato l'extracomunitario, che poi risultò del tutto estraneo alla vicenda, si poteva temere una certa strumentalizzazione del fatto. La Bergamasca è un caposaldo del leghismo, ma non c'è stato nulla di simile.
"Anche qui, ha molto giocato la scarsa conoscenza di questa gente e di questa terra. Il leghismo, qui, è un leghismo post-democristiano. forse la faccia migliore del leghismo. E poi, nei giorni più "caldi", erano comparsi in tutto due cartelli, di cui uno tirato fuori da un tizio che non è nemmeno di Brembate, il paese di Yara. Una figura centrale è stata quella di Angelo bonetti, il sindaco di Brembate, un leghista che usa il cervello. Lui è subito intervenuto contro ogni speculazione politica. Noi stessi abbiamo subito pubblicato un editoriale che invitava alla prudenza e al garantismo, e forse abbiamo un poco contribuito a sopire certe tentazioni".
- Che cosa resterà, secondo te, nello spirito della gente della Bergamasca, dopo questa tragedia?
"A Brembate, dopo la scomparsa di Yara, sono diventati molto più numerosi i genitori e i nonni che accompagnano i figli al scuola o alle diverse attività fuori casa. Quindi un segno è già stato inciso nell'animo delle persone. Certo si è diffusa l'idea che neanche questa terra è un'isola felice, contrariarmente forse a quanto molti pensavano prima. Sarà importante scoprire se il colpevole è uno venuto da fuori o uno di qui. E' chiaro che le conseguenze psicologiche saranno più pesanti se verrà fuori che l'assassino è di queste parti, le insicurezze cresceranno ancora".
Fulvio Scaglione
FamigliaCristiana.it