22/05/2013
Da sinistra: don Luigi Ciotti e don Andrea Gallo
Saluto un amico e un punto di riferimento. Don Andrea Gallo ha rappresentato - nella sua vita lunga e generosa - la Chiesa che "amo" e nella quale mi riconosco. La Chiesa che non dimentica la dottrina, ma non permette che diventi più importante dell'attenzione per gli ultimi, per i dimenticati. Andrea lo ricorderemo così: come una persona che ha dato un nome a chi non lo aveva o se lo era visto negare. La sua opera di educatore, dai tempi della Garaventa - la nave che ospitava i "figli" fragili di Genova - all'apertura delle prime comunità negli anni Settanta, all'esperienza che ci ha visti affiancati nel Cnca, il coordinamento nazionale che si riconosceva nel principio dell'"educare, non punire", altro non è stata che un tenace, quotidiano impegno per riconoscere la dignità e la libertà della persona, una libertà su cui bisognava sempre scommettere e alla quale non bisognava mai stancarsi di dare opportunità.
Ma il suo dare un nome alle persone è sempre andato di pari passo con un dare un nome alle cose. Andrea non è mai stato reticente, diplomatico, calcolatore. Non ha mai mancato di denunciare che la povertà e l'emarginazione non sono fatalità, ma il prodotto di ingiustizie, di precise scelte politiche ed economiche. Ha sempre inteso saldare il Cielo e la Terra, la sfera spirituale con l'impegno civile, il messaggio del Vangelo con gli articoli della Costituzione. Le sue parole pungenti, a volte sferzanti, nascevano sempre da un grande amore per la vita, da un grande desiderio di quella verità che sta dalla parte della vita, delle persone. Per questo è stato un sacerdote scomodo. Scomodo per quella politica che non serve la comunità ma interessi e poteri consolidati. Scomodo per quella Chiesa che viene a patti con quei poteri, scegliendo di non interferire, di non portare, insieme alla carità e alla solidarietà, la sveglia delle coscienze di cui non c'è simbolo più esplicito del passaggio di Gesù su questa Terra.
Mancherà tanto, a tutti noi, Andrea. Mancheranno la sua simpatia, il suo entusiasmo, la sua passione. A me mancheranno le nostre discussioni, quelle differenze di vedute che non hanno mai impedito a lui, uomo di mare, e a me, uomo di montagna, di continuare a sentire, nella diversità dei caratteri, una forte affinità. Come se il mare e la montagna, le loro altezze e loro profondità, fossero solo un diverso sguardo sul medesimo orizzonte, l'orizzonte di giustizia e di libertà che rende vive le vite delle persone.
Ciao, Andrea.
don Luigi Ciotti
Dossier a cura di Alberto Chiara