18/03/2013
Hong Kong, marzo
I cattolici cinesi amano il Papa. E ameranno molto papa Francesco. Quando venti anni fa facevo i primi viaggi tra le comunità di Cina appena uscite dall’isolamento mi era sempre chiesto di comunicare al papa la loro devozione. Giovanni Paolo II diceva spesso che pregava per i cristiani di Cina ogni giorno, ed era quello che ripetevo loro. Anche oggi è così. Non sono a conoscenza di particolare richieste da parte dei cattolici al nuovo papa. Credo che si affidino al Signore, da persone di fede quali sono. Ma tra le sfide di papa Francesco, quella dell’Asia in generale, e la Cina in particolare è, dal mio punto di vista, una delle principali, o forse proprio la più importante.
La missione per cui Gesù ha fondato la chiesa è di far conoscere la buona notizia del Vangelo. La chiesa esiste per questo. Nei primi sei secoli c’erano più cristiani in Asia che nel resto del mondo. Oggi è allo stesso tempo il più grande continente della terra e quello dove il vangelo è meno conosciuto. In Asia ci sono le grandi religioni con cui dialogare, le culture con cui confrontarsi, tanti poveri ed oppressi da riscattare, popoli immensi (in particolare Cina e India) che stanno entrando nella modernità e affermandosi come i nuovi protagonisti del pianeta. Ma l’Asia sembra ancora ai margini dell’agenda ecclesiastica e sotto-rappresentata nella chiesa istituzionale.
I cardinali asiatici sono pochissimi; la voce dei cattolici asiatici, pur molto vivaci, quasi non ascoltata, nonostante che, insieme all’Africa, l’Asia sia il continente dove i cristiani stanno aumentando di più e sono più oppressi. In Cina, che conta 12 milioni di cattolici, un centinaio di vescovi e varie migliaia di preti e religiose, la Chiesa si trova in un momento di grave difficoltà, a causa della politica oppressiva del regime. A Shanghai il giovane e coraggioso vescovo Taddeo Ma Daqing è agli arresti domiciliari e privato della sua dignità episcopale per la sua fedeltà. C’è un grande interesse verso il cristianesimo in generale, ma il numero delle conversioni al cattolicesimo è minore rispetto a 10 anni fa: occorre uno slancio di evangelizzazione e molta credibilità.
Benedetto XVI aveva sinceramente cercato il dialogo con la Cina, e avviato un’attenzione speciale a quella chiesa e popolo. E i cattolici gli hanno mostrato il loro affetto e la loro riconoscenza fino all’ultimo. Ma, come ha denunciato il cardinale Joseph Zen, dai funzionari vaticani non sembra che ci sia stato lo stesso impegno: si sono affidati ai tradizionali mezzi diplomatici, dai quali (lo insegna amaramente la storia del cattolicesimo in Cina) abbiamo avuto sempre risultati miserevoli per la causa del vangelo. La sofferenza dei cristiani in Cina è causata da un regime che, in perfetta malafede, continua ad imputare alla chiesa natura e mire politiche. Alla notizia della rinuncia di Benedetto XVI funzionari cinesi hanno spiegato che il papa è stato sopraffatto dagli scandali, propagando l’idea che la chiesa è una potenza politica e finanziaria tra le altre, con lotte interne, vincitori e vinti (con papa Benedetto tra questi ultimi).
Anche i cattolici cinesi auspicano che la struttura della Chiesa ritorni ad essere ancora più apostolica ed evangelica. Nell’epoca dell’informazione globale, l’evangelizzazione passa anche attraverso la capacità della Chiesa di essere radicalmente differente dalle cose del mondo.
Gianni Criveller
Cattolici cinesi pregano in una chiesa vicino alla città di Taiyuan, nella provincia di Shanxi
A cura di Alberto Chiara