04/01/2011
Ho letto la Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione. Interessante anche se un po’ complessa e farraginosa. Questa Dichiarazione è rimasta nel mondo delle buone intenzioni o ha inciso nella vita e nell’insegnamento delle Chiese firmatarie?
Andrea A.C.
La Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione sottoscritta dalla Chiesa cattolica e dalla Federazione luterana mondiale nel 1999 costituisce il punto di arrivo di un percorso lungo e accidentato di dialogo teologico ed ecclesiale fra cattolici e luterani e al tempo stesso non è priva di problematicità.
Il dato acquisito in maniera inequivocabile e che trova le parti consenzienti è quello della giustificazione (= salvezza) per fede. Il testo esprime in modo deciso questa verità fondamentale della fede cristiana: «Insieme confessiamo che il peccatore viene giustificato mediante la fede nell’azione salvifica di Dio in Cristo: questa salvezza gli viene donata dallo Spirito Santo nel Battesimo che è il fondamento di tutta la sua vita cristiana. L’uomo, nella fede giustificante che racchiude in sé la speranza in Dio e l’amore per lui, confida nella sua promessa misericordiosa. Questa fede è attiva nell’amore e per questo motivo il cristiano non può e non deve restare inoperoso. Tuttavia la giustificazione non si fonda né si guadagna con tutto ciò che precede e segue nell’uomo il libero dono della fede» (n. 25).
Il documento ha prodotto un vivace dibattito, soprattutto in campo protestante e molti teologi luterani se ne sono dissociati sulla base di una serie di considerazioni, che qui non è possibile dettagliare. Mi soffermo su due elementi particolarmente significativi.
Il primo sottolinea come la verità affermata congiuntamente risulta alquanto scontata, se si tiene conto delle Scritture del Nuovo Testamento e in particolare dei testi paolini sull’argomento, prima fra tutti la Lettera ai Romani. Pertanto, con linguaggio semplice ed efficace, diremmo che il testo esprime una sorta di scoperta dell’acqua calda e dunque in quanto tale non consente di registrare alcun reale passo avanti nel dialogo.
Il secondo riguarda una prospettiva che ai luterani sta molto a cuore e che non viene toccata nella Dichiarazione, ossia la compresenza della grazia e del peccato nel credente. Lutero aveva a questo proposito formulato il paradosso del simul iustus et peccator (= nello stesso tempo giusto e peccatore). Tale sarebbe l’uomo anche quando viene raggiunto dalla grazia che Cristo gli dona nella fede. Si tratta di un elemento decisivo, in quanto sottende una concezione del peccato, che corrompe radicalmente la natura umana, e della grazia, che non toglie del tutto il male dal cuore e dalla mente dell’uomo.
Nella teologia cattolica, invece, il peccato produce non la distruzione della natura, ma una ferita mortale e la grazia redime radicalmente l’uomo, pur lasciando in lui le reliquie del peccato (che il concilio di Trento indica con il termine “concupiscenza”). Resta allora ancora molto da fare per approfondire queste due diverse prospettive e giungere a una formulazione che possa soddisfare entrambe le confessioni cristiane.
Pino Lorizio