Alla ricerca delle radici cristiane comuni/2

La riflessione ecumenica di don Romano Matrone, che ha accompagnato il pellegrinaggio dei lettori di Famiglia Cristiana lungo i Mari del Nord Europa.

29/11/2010

Dal 29 agosto al 9 settembre 2010, un folto gruppo di lettori di Famiglia Cristiana hanno fatto una crociera a bordo della MSC Opera, toccando le principali capitali del Nord Europa. Durante il viaggio, don Romano Matrone ha guidato una serie di catechesi sul cammino ecumenico, evidenziando la genesi delle fratture tra le Chiese cristiane, le differenze, i contrasti e il faticoso dialogo di riconciliazione. Il materiale ora viene messo a disposizione di tutti, pubblicandolo a puntate.


3. IL PROTESTANTESIMO IN GENERALE


E’ un vasto movimento che ha interessato le nazioni europee nel secolo XVI e che affonda le sue radici nei secoli precedenti. Più che riforma protestante sarebbe preferibile chiamarla rivoluzione protestante: la sua genesi non avviene con Lutero e con gli altri cosiddetti riformatori; essi sono piuttosto il punto terminale di vaste esigenze di rinnovamento spirituale che a poco a poco, a partire dalla fine del Duecento, preparano la crisi del Cinquecento.


3.1. IL NOME

Possiamo dire che il nome non nasce tanto per motivi religiosi quanto per decisioni politiche. Alla Dieta di Spira del 1529 fu contestata la decisione di Carlo V che imponeva agli Stati divenuti protestanti di restare tali, gli altri dovevano rimanere fedeli al cattolicesimo. Sei principi e quattordici città “protestarono“ contro questa decisione, e per questo ricevettero l’appellativo di “protestanti“. Da allora furono chiamati protestanti.


3.2. LE CAUSE

Si è parlato e scritto molto che la causa della rivoluzione protestante sia dovuta agli abusi e ai disordini morali allora diffusi nella Chiesa e soprattutto nella curia romana. Lutero stesso, in molte sue dichiarazioni, sembra non condividere questa posizione: «La vita è cattiva da noi come tra i papisti, ma noi non li condanniamo per la loro vita pratica. La questione è un’altra: se essi insegnino la verità». «Se anche il Papa fosse santo come S. Pietro, sarebbe sempre per noi un empio». «Non impugno le immoralità e gli abusi, ma la sostanza e la dottrina del papato». Perciò è preferibile parlare non tanto di riforma quanto di rivoluzione protestante: perché sovverte la realtà stessa della Chiesa. Le cause sono molteplici e di vario tipo: le elenchiamo soltanto in maniera sintetica.

3.2.1. Cause religiose
Decadenza della missione spirituale e quindi del prestigio del papato per le vicende dei secolo XIII-XV: a partire dalla politica di Bonifacio VIII che si conclude con lo schiaffo di Anagni nel 1303 da parte di Filippo il bello. L’esilio di Avignone dal 1309 al 1377: da Clemente V a Gregorio XI che mosso dalle preghiere di Caterina da Siena, riportò la sede pontificia a Roma. Lo scisma d’Occidente: un periodo buio e drammatico nella storia della Chiesa. La teoria conciliare: soggetto dell’autorità non è il capo ma il capo e le membra. La Chiesa non è una monarchia, il papa è ridotto al rango di un sovrano, esecutore delle leggi stabilite dal concilio Il Rinascimento, fenomeno che porta la cultura classica e le arti al centro della vita degli uomini e degli Stati e che domina tutto il Cinquecento: riconosce la necessità di una effettiva autonomia delle attività umane, della razionalità, della politica, ma finisce per esasperare questa autonomia e tende a trasformarla in indipendenza e separazione. Lo Stato afferma la propria sovranità: non ha bisogno della investitura pontificia. Marsilio Ficino così descrive l’uomo del rinascimento: «Al pari di Dio, l’uomo vuole essere dappertutto, misura terra e cielo e scruta la cupa profondità del Tartaro. A lui non pare troppo alto il cielo, non troppo profondo il centro della terra… nessun confine gli è sufficiente». Decade così il senso del peccato e si fa concreto il tentativo di separare la vita dalla morale: la nostra età vive al centuplo questa eredità rinascimentale. Nel Rinascimento il papato tenta con largo successo di farsi guida del fiorente movimento artistico, di valorizzare al servizio della religione la passione per la bellezza, ideale assoluto dell’epoca. La Chiesa s’incarna nel tempo ma non riesce a mantenerne la libertà: non si oppone agli aspetti negativi dell’umanesimo e del Rinascimento ma, soprattutto trascura la sua missione pastorale e spirituale e non tiene in nessun conto il rinnovamento spirituale tanto desiderato e invocato dai fedeli. La stessa vita morale appare lontanissima dal Vangelo. Il Cinquecento soprattutto, per la Chiesa, nonostante le meravigliose apparenze, è uno dei periodi più bui del papato: «Allo splendore culturale e civile si contrappone la mancanza di un autentico spirito religioso al vertice della gerarchia cattolica» (Martina). Anche la decadenza della Scolastica, ben lontana da quella di Tommaso e Bonaventura, nel suo formalismo e astrusità, si presenta come una causa della rivoluzione protestante. «La teologia», dirà Lutero nel 1519, «è ridotta a mere opinioni … tutto è così confuso, che non resta quasi più alcuna certezza».

3.2.2. Cause politico-sociali
Tutte le crisi religiose sono sempre accompagnate da fattori politici. Sono da considerarsi anzitutto il sentimento antiromano che si diffonde sempre di più in Europa per diversi motivi. E anche la fuga dalla centralizzazione asburgica: la rovina dello Stato feudale porta gradualmente alla nascita di Stati nazionali. Di conseguenza le istituzioni medievali (cavalieri, piccola nobiltà), per il deprezzamento dei terreni, perdono la loro importanza di fronte all’incremento del commercio. Cambia anche il sentimento dei contadini, che da servi della gleba vogliono diventare sempre più come gli altri cittadini.

3.2.3. Cause psicologiche
Desiderio di una nuova spiritualità non fatta di devozionismi. Conoscenza diretta della parola di Dio senza intermediari umani, e quindi in volgare. La consolazione di sentirsi realmente perdonati da Dio: la giustificazione attraverso la fede.


3.3. I FONDAMENTI COMUNI

La rivoluzione protestante presenta, al di là delle specifiche confessioni che approfondiremo, dei fondamenti comuni. In sintesi essi sono:

3.3.1. Istituzionale
La negazione del primato del papa. La negazione della struttura gerarchica della Chiesa. Soprattutto il rifiuto del Primato del papa. I presbiteri semplici predicatori e amministratori di sacramenti.

3.3.2. Dottrinale
Il “Sola Scriptura”: la Sacra Scrittura come unica regola della fede. Esclusione della “Traditio”: non esiste la mediazione della Chiesa. La “Iustificatio sola fide”: basta la fede per salvarsi. Lutero parla di una “Giustizia imputata”, cioè di una giustizia puramente attribuita all’uomo, estrinseca, senza un rinnovamento interiore; tutto ciò deriva dal pessimismo protestante che considera l’uomo totalmente corrotto dal peccato originale e con una volontà assolutamente incapace di compiere opere buone. Il “ simul peccator et justus”: l’uomo è peccatore in realtà, ma giusto grazie a Dio e alla sua promessa che intende liberarlo dal peccato. La “Sola gratia”: è l’atteggiamento di Dio verso il peccatore; Dio ha favore, ha benevolenza. Lutero esclude qualsiasi mediazione della Chiesa. «Ciò che distingue efficacemente l’uomo oggetto di grazia dal peccatore non riconciliato non è qualcosa che egli è, ma il fatto che Cristo è con lui» (Lienhard . La grazia è qualcosa di esterno all’uomo, un rivestimento che copre la nudità del suo peccato ma senza estirparlo. Questa concezione viene oggi sempre più abbandonata dalla teologia luterana: la grazia non è solo una realtà forense, ma un movimento d’amore che spinge Dio a trasformare effettivamente l’uomo.

3.3.3. Liturgico
La negazione della Messa come sacrificio. La negazione dei sacramenti: Confermazione, Penitenza, Ordine, Matrimonio, Unzione degli infermi. I sacramenti sono visti solo come segni non causa della grazia. Conservano solo il Battesimo e l’Eucaristia; ma questa è vista solo come Cena. (Gli anglicani hanno ripreso in gran parte la liturgia della Chiesa cattolica ).

3.3.4. Dogmatico
I protestanti accettano solo i primi concili ecumenici, il Credo apostolico e quello di Nicea.


3.4. GLI EFFETTI DELLA RIFORMA PROTESTANTE

Per secoli si è visto solo ciò che è negativo, attribuendo al protestantesimo la nascita di tutti i processi storico-intellettuali-sociali negativi della nostra epoca: dall’illuminismo, attraverso la rivoluzione francese, fino al nazismo e al marxismo. Oggi, grazie a studi storici e diversi atteggiamenti e aperture, ci si avvicina, da parte cattolica a una maggiore obiettività. Tuttavia non possiamo non notare alcuni effetti che si ripercuotono ancor oggi nella cultura della società contemporanea:

3.4.1. La ferita alla Chiesa cattolica
La rivoluzione protestante ha inflitto una ferita molto grave alla Chiesa cattolica, anche più grande di quella dello scisma d’Oriente del 1054. Soprattutto la genesi delle guerre religiose che insanguinarono Francia, Paesi Bassi, Germania e Boemia, con stragi, uccisioni, massacri. «E’ certo solo che in nome di Cristo i cristiani europei per almeno mezzo secolo si sono uccisi fra loro senza risparmio di colpi» (Martina). Tutto ciò ha minato la forza evangelizzatrice della Chiesa: che Dio ama l’uomo e tutti siamo chiamati a vivere quest’amore anche verso i nemici. Avviene nel mondo cristiano quello che con le crociate avviene tra islamici e cattolici: una separazione profonda e odiosa.

3.4.2. Le Chiese di Stato
Nasce una nuova mentalità: subordinare la Chiesa allo Stato: anzi nasce una Chiesa di Stato. Si perde il senso della cattolicità e si accentua il nazionalismo, cresce l’ostilità tra i Paesi tedeschi e quelli latini. La rivoluzione protestante manifesta tante volte il tentativo di liberarsi dall’oppressione romana. Al contrario del Medioevo, che tendeva a subordinare lo Stato alla Chiesa, ora la Chiesa è subordinata allo Stato. E mentre i Luterani attribuiscono allo Stato lo “jus reformandi” (di cui la formula “cuius regio eius et religio” è l’applicazione più nota), per gli anglicani diventa ancora più rigida e radicale: il sovrano è il capo della Chiesa. La Chiesa di Stato è la vera conseguenza di questa rivoluzione protestante. Il papato acquista forza morale ma perde prestigio politico. C’è un clima di diffidenza verso i cattolici, visti come asserviti a una potenza straniera

3.4.3. Rinnovamento religioso?
Ma alla fine di queste considerazioni sarebbe opportuno chiedersi: il protestantesimo fu veramente un movimento di rinnovamento religioso? I laicisti rispondono senz’altro di sì e presentano, soprattutto in Germania, come valore positivo la grande efficienza dello Stato, burocrati coscienziosi, onesti lavoratori. Ma bisogna osservare che la vita e la dignità del singolo vengono sempre più sopraffatte dalle esigenze dello Stato. Vorremmo anche far notare che la costituzione di Stati nazionali, fortemente voluta dalla rivoluzione protestante come fuga dall’influenza romana, distrugge l’unità della cristianità europea favorendo pericolosi nazionalismi, che, ancor oggi, nonostante l’unità europea, restano difficili da superare. Anche nell’economia la mentalità protestante produce una frattura tra ricchi e poveri. Marx concepiva il protestantesimo religione essenzialmente borghese, la vera espressione della forma di produzione capitalistica. I ricchi vengono visti come gli eletti di Dio mentre i poveri come abbandonati e puniti da Dio.

Romano Matrone
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Postato da Andrea Annibale il 03/12/2010 00:51

Il cristianesimo sia cattolico sia protestante affronta nel futuro e nel presente due insidie. La prima è interna, la seconda esterna. In primo punto, c’è il relativismo cui corrisponde una visione idolatrica – tendenzialmente atea - dei consumi e del benessere materiale (che nell’articolo si fa risalire o in qualche modo si compara alla cultura rinascimentale). In secondo punto, l’egemonia politica, militare ed economica delle potenze cristiane è insidiata dall’emergere delle nuove potenze non cristiane, soprattutto India e Cina. Di fronte a questi due fenomeni, cattolici e protestanti dovrebbero dare sempre più peso all’ecumenismo. Ho imparato molto di più dall’articolo di Romano Matrone che in tanti anni di letture superficiali. A me sembra che si dovrebbero riscoprire due aspetti ecumenici della Bibbia, lasciando perdere alcuni aspetti relativamente “secondari”, come la transustanziazione ed il primato di Pietro (pur così importanti per me come cattolico). La prima è rappresentata dal destino comune e dalla fede escatologica, che abbiamo entrambi, cattolici e protestanti, di fronte all’Apocalisse di San Giovanni Apostolo (condivisa persino da alcune correnti islamiche). Cristo non ritornerà forse – fra l’altro – per riunire i cristiani tutti sotto un’unica Chiesa? La seconda – che può apparire come una paradossale provocazione – è che si dovrebbe proporre come madre dell’ecumenismo la figura di Maria. Come ho già scritto a Famiglia Cristiana in una lettera non pubblicata, la intera vita della Madonna racchiude, come in un microcosmo, la storia stessa del Cristianesimo. La giovinezza giudaica, prima dell’Annunciazione, rappresenta l’ebraismo. L’Annunciazione ed il sì di Maria ricorda la parabola esistenziale del Battista, anche lui chiamato a dire il suo sì al Signore che viene. Il Magnificat rappresenta, nella fede della Madonna come esempio da seguire, la conversione dei popoli al cristianesimo. Alle nozze di Cana, la Madonna assiste e crede con l’umanità al miracolo del Figlio. La Madonna è sotto la croce Addolorata come l’umanità intera di fronte alla morte del Messia Dio. La Madonna crede alla Resurrezione assieme ai primi cristiani, e simboleggia in questo suo credere la nascita del cristianesimo come movimento storico. Infine, la Madonna è benedetta assieme a tutti i popoli della terra ricevendo, assieme agli apostoli, lo Spirito Santo. Rappresentando, nella sua fase giovanile, pre-Annunciazione, l’ebraismo tradizionale, ho pensato che la Madonna giovane, o giudaica che dir si voglia, possa anche diventare la patrona del dialogo ebraico-cristiano oltre che cattolico-protestante. Quindi la Madonna rappresenta anche il rapporto con i fratelli maggiori ed il movimento storico ecumenico. Saremo capaci, cattolici e protestanti, di dire sì al Signore che viene, sia nel senso della nostra morte, sia nel senso della seconda venuta, come il Battista e la Madonna hanno detto “sì” alla prima missione del Signore? In un secondo intervento vorrei ritornare sul tema della Grazia. Ciao.

Postato da Andrea Annibale il 03/12/2010 00:49

Vorrei ritornare sul tema della Grazia, che ho affrontato in un commento alla prima puntata. Esistono, a mio avviso, due momenti o tipi della Grazia divina. La prima è la Grazia con cui ci viene offerta la fede. A rinnovare la nostra vita non è, secondo me, la Grazia di per sé ma la cooperazione tra il cuore dell’uomo e la volontà di Dio, cooperazione in cui si sostanzia la rinascita in Cristo per la fede. Il secondo tipo o momento della Grazia divina è espressa da San Paolo dicendo che il giusto vivrà mediante la fede. La Grazia si presenta qui come auxilium delle opere buone che è indispensabile per vincere la forza corruttiva del Peccato Originale. La Grazia, in questo secondo significato, è mariana se promana dalla Madonna, è cristologica se promana dal Figlio ed entrambe sono di fatto presenti nella vita del cristiano. Le opere buone sono compiute per la volontà dell’uomo, con l’aiuto di Dio e della Madonna. Anche i protestanti, pur non sapendolo, sono aiutati dalla Madre di Dio. Ciao ho concluso.

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