20/01/2011
7. GLI ORTODOSSI
Sono i nostri fratelli delle Chiese orientali. Tra esse la Chiesa greca e la Chiesa russa. Sono scismatici ma non eretici; sono cioè separati dalla Chiesa di Roma perché non accettano la concezione del primato pontificio, ma professano lo stesso Credo niceno-costantinopolitano: la professione di fede comune che è stata formulata nel Concilio di Nicea (325) e in quello di Costantinopoli del 381.
Ortodossia (doxa) significa “giusta dottrina” e “giusta lode”.
Nel decreto del concilio ecumenico Vaticano II, Unitatis Redintegratio (nn. 14-18), viene manifestata una speciale considerazione e stima per le Chiese orientali e un desiderio vivissimo di giungere alla piena comunione della fede e della vita sacramentale.
Molte di queste Chiese si gloriano di essere state fondate dagli apostoli, hanno grandi tesori liturgici e profonde tradizioni spirituali. I dogmi fondamentali della vita cristiana, quali quelli della Trinità e del Verbo di Dio sono stati definiti in Oriente. E per questa fede hanno sofferto e affrontato il martirio.
Si manifesta una attenzione grandissima soprattutto per la celebrazione dell’Eucaristia, «fonte della vita della Chiesa e pegno della gloria futura, con la quale i fedeli, uniti con il vescovo, hanno accesso a Dio per mezzo del Figlio, Verbo incarnato, morto e glorificato, nell’effusione dello Spirito Santo, ed entrano in comunione con la Santissima Trinità, “fatti partecipi della natura divina” (2Pt 1,4). … Siccome poi quelle Chiese hanno veri sacramenti e, soprattutto, in forza della successione apostolica, il sacerdozio e l’Eucaristia, per mezzo dei quali restano ancora unite con noi da strettissimi vincoli, una certa comunione nelle cose sacre… non solo è possibile, ma anche consigliabile » UR n. 15).
7.1. LE VIE DEL DIALOGO
La via maestra è la carità. Solo essa porta a comprendersi nelle proprie diversità: «Una certa diversità di usi e costumi, non si oppone minimamente all’unità della Chiesa, anzi ne accresce il decoro, e non poco contribuisce al compimento della sua missione» UR n. 16).
Per ristabilire e conservare la comunione e l’unità bisogna «non imporre altro peso fuorché le cose necessarie» (At 15,28). Questa attitudine riprende lo spirito di comunione che si manifestò nel I Concilio della Chiesa quello di Gerusalemme (49-50 d.C.): «E’ parso bene, infatti, allo Spirito Santo e a noi, di non imporvi altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie: astenersi dalle carni offerte agli idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalle unioni illegittime. Farete cosa buona a stare lontani da queste cose. State bene!» (At 15,28-29).
La sapienza della Chiesa nei secoli è stata espressa in una sintesi meravigliosa con la formula: «In necessariis unitas, in dubiis libertas, in omnibus charitas» (nell’essenziale unità, nel dubbio libertà, in tutto carità).
Anche la liturgia nella sua ricchezza è una via verso la comunione. «Tutti sappiano che il conoscere, venerare, conservare e sostenere il ricchissimo patrimonio liturgico e spirituale degli orientali è di somma importanza per custodire fedelmente la pienezza della tradizione cristiana e per condurre a termine la riconciliazione dei cristiani d’Oriente e d’Occidente» (UR n. 15).
Lex orandi, lex credendi: come la Chiesa prega così manifesta la sua fede.
7.2. I PUNTI DI DIVERGENZA
Più che punti di divergenza è una maniera diversa di esprimere la verità. In Occidente si preferisce una maniera scolastica di esprimere i dogmi, più legata alla filosofia che alla contemplazione della verità. La teologia orientale, sempre aperta a tutti i rami della conoscenza umana, all’umanesimo greco, ma senza restarne imprigionati, si innalza gradualmente all’esperienza della relazione diretta con Dio, e conduce alla soglia della esichia (pacificazione interiore), al faccia a faccia ultimo della deificazione dell’uomo.
Si fa notare la questione del “Filioque”, che la Chiesa latina introduce nel Credo: lo Spirito santo procede non solo dal Padre ma “anche dal Figlio”.
L’infallibilità del papa, definita nel concilio Vaticano I e confermata nel concilio Vaticano II: «Di questa infallibilità il romano pontefice, capo del collegio dei vescovi, fruisce in virtù del suo ufficio, quando, quale supremo pastore e dottore di tutti i fedeli che conferma nella fede i suoi fratelli (Lc 22,32), proclama con un atto definitivo una dottrina riguardante la fede e la morale» (Lumen Gentium n. 25).
7.3. RIFLESSIONI SULL’ORTODOSSIA
7.3.1. La Chiesa
La Chiesa, in quanto comunità eucaristica, costituisce l’epifania di quel mistero di risurrezione che rende il mondo trasparente alle energie divine. La Chiesa è la bellezza della creazione, il mondo in via di deificazione. Attraverso, ma al di là del senso empirico dell’istituzione, la Chiesa appare come quell’organismo divino-umano in cui gli uomini possano partecipare alla vita di Dio. La Chiesa nella sua essenza è preghiera, in cui l’uomo apprende che cosa significa essere in Dio, esistere nella sua grazia, essere ri-nati, rigenerati.
7.3.2. L’Eucaristia
La Chiesa latina vede la presenza di Cristo e del suo sacrificio come una discesa dall’alto sull’altare della celebrazione. Per l’Ortodossia l’azione liturgica trasporta il creato nel cielo, sacerdote e popolo, pane e tempio… vengono tutti trasferiti nella Gerusalemme celeste nell’atto stesso dell’Eucaristia.
Una cosa è il metabolismo orientale del pane in carne celeste, per essere consumato, e tutt’altra cosa è la presenza di Cristo nelle specie, dunque la sua discesa sulla terra da cui logicamente consegue il culto e l’adorazione della presenza terrestre fisica di Cristo.
E’ tutto l’uomo che in questo mistero viene trasportato nel Regno (Evdokimov).
Il metabolismo (metabolè) indica l’azione e l’effetto dell’azione: mutamento, trasferimento, spostamento da una cosa all’altra. Non è una reincarnazione di Cristo nelle specie ma la metabolè della sostanza e degli accidenti in carne celeste.
«Non si deve analizzare il pane in funzione dei nostri sensi, ma piuttosto dobbiamo accusare i nostri sensi, di non percepire la realtà celeste. Analogia: Trasfigurazione. Non è il Cristo che muta, ma sono gli occhi dei discepoli che si aprono per un istante. Non è il corpo elevato al cielo che discende ma sono il pane e il vino che si mutano in carne e sangue e fanno uno con esso» (san Giovanni Crisostomo).
«Il Pane diviene uno con il corpo che è nei cieli» (Enc. Patriarchi orientali).
«Non è l’immolazione indefinitamente ripetuta dell’Agnello, ma è il Pane che diviene Agnello» (Cabasilas).
Questa contemplazione della teologia orientale è quanto mai entusiasmante e celeste.
7.3.3. Maria e la Chiesa
Al fiat del Creatore risponde il fiat della creatura: «Ecco sono la serva del Signore». La Chiesa trova qui la sua funzione di matrix mistica, di generazione continua, di Theotocos perpetua. Tutta la bellezza del mondo si riassume in Colei che personifica la santità umana, l’umanità penetrata dal fuoco dello Spirito: la Theotocos, la Madre di Dio.
Due altre dimensioni spirituali della Chiesa ortodossa possono arricchire la Chiesa di Roma e facilitare il cammino della comunione. Sono il monachesimo, la sua spiritualità e l’icona. Tutta la bellezza del mondo si purifica, si libera, si pacifica in quello delle icone.
8. IL CONCILIO DI TRENTO
Il concilio radunato il 13-XII-1545 offre, nello Spirito Santo, le risposte che tutti i desideri dei riformatori avevano nel cuore. Esso definisce le verità della rinnovazione della Chiesa alla rivoluzione protestante. Ha un percorso travagliato e diverse fasi.
1° fase: dal 1545 al 1547. Affronta il problema della rivelazione e conferma la necessità della tradizione insieme con la Scrittura.
2° fase: dal 1551 al 1552. Parla dell’Eucaristia come il sacrificio della croce e dei sacramenti come segni efficaci della grazia. Afferma che i vescovi sono successori degli apostoli e fondamento della Chiesa.
3° fase: dal 1561 al 1563. Sottolinea ancora il carattere sacrificale della Messa e del sacerdozio ministeriale. Fra tutti i decreti tridentini il migliore è quello sulla giustificazione, uno tra i più bei documenti di tutto il Magistero.
9. CONCLUSIONE
L’intera rinnovazione della Chiesa, vissuta al concilio di Trento, si ispira al principio: “Salus animarum, suprema lex esto”, cioè missione essenziale della Chiesa è la salvezza delle anime, e questa si ottiene con l’annuncio della Buona notizia, della Parola in relazione a Cristo e questi crocifisso. La Chiesa si manifesta come la custode e fedele interprete della Parola che salva.
Il Concilio fu chiuso il 4-XII-1563. Era stato aperto il 13-XII-1545. Lutero morì il 18-II-1546. La ferita da lui inferta alla Chiesa veniva rimarginata e curata. Il Signore aveva permesso tutto questo per rinnovare, abbellire, rendere desiderabile la sua Chiesa e prepararla, nella fedeltà, alle nuove sfide di un mondo che si andava sempre più allontanando da Dio.
10. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
La Bibbia, San Paolo, 2010
Enchiridion Vaticanum. EDB, 1976.
Unitatis Redintegratio, in Documenti del concilio Vaticano II, Paoline, 1967.
Giacomo Martina, Storia della Chiesa, L’età della riforma, Morcelliana, 2004. Volume interessante a cui sono debitore nella sintesi presentata.
Paul Evdokimov, L’ortodossia, EDB, 2010
Nuovo dizionario di teologia, a cura di G.Barbaglio e S.Dianich, San Paolo, 1977.
(Fine)
Romano Matrone