Papa Francesco: «Incontrare Dio nelle città»

«Quando prego per la città di Buenos Aires, ringrazio per il fatto che sia la città in cui sono nato. L’affetto che sgorga da tale familiarità aiuta ad incarnare l’universalità della fede che abbraccia tutti gli uomini di ogni città. Essere cittadino di una grande città è qualcosa di molto complesso al giorno d’oggi, poiché i legami di razza, storia e cultura non sono omogenei, e nemmeno i diritti civili sono pienamente condivisi da tutti gli abitanti. Nella città ci sono moltissimi “non-cittadini”, “cittadini a metà” o “eccedenti”, o perché non godono di pieni diritti – gli esclusi, gli stranieri, i privi di documenti, i ragazzi non scolarizzati, gli anziani e infermi senza copertura sociale- o perché non compiono i propri doveri. In questo senso, lo sguardo trascendente della fede che porta al rispetto e all’amore del prossima aiuta a “scegliere” di essere cittadino di una città concreta e a mettere in pratica attitudini e comportamenti che creano cittadinanza».

«Lo sguardo che voglio condividere con voi è quello di un pastore che cerca di approfondire la propria esperienza di credente, di uomo che crede che “Dio vive nella propria città”. Nel suo Sermone circa i pastori, Sant’Agostino distingueva due cose: la prima è che siamo cristiani, e la seconda è che siamo vescovi. Nel situarci davanti alla città moderna, con i suoi immaginari sociali tanto differenziati, questo esercizio di distinzione degli sguardi può essere d’aiuto. Non per smettere di guardare come pastori al gregge che ci è stato affidato, ma per andare nel profondo di questo sguardo di fede semplice che tanto piaceva incontrare al Signore, senza importanza di razza, cultura o religione. Perché lo sguardo di fede scopre e crea la città».