28/05/2012
Il regsita Michael Haneke, vincitore della Palma d'oro per il film "Amour" (Reuters).
da Cannes
Impagabile Nanni Moretti capace, come presidente di giuria, di scontentare un po' tutti distribuendo vari premi alle pellicole meno amate quest'anno, sulla Croisette, da critici e spettatori. Salvo poi ricompattare la platea sibilante del Grand Théatre Lumière con un paio di riconoscimenti sacrosanti, quelli di maggior rilievo, dati con saggezza. A riunificare gli animi con una standing ovation generale è stata la Palma d'oro assegnata all'austriaco Michael Haneke per il suo bellissimo Amour. “Mercè anche le splendide interpretazioni dei due protagonisti”, ha tenuto a precisare Moretti a nome dell'intera giuria. E a quel punto è venuto giù il teatro dagli applausi mentre Emmanuelle Riva (85 anni, bellissima nel suo lungo abito azzurro) e Jean Louis Trintignant (passo incerto e sguardo fiero) si univano ad Haneke per foto e ringraziamenti.
Ken Loach, che con "The angels' share" ha vinto il Prix du Jury (Reuters).
L'altro riconoscimento accolto da applausi incondizionati è stato il Prix du Jury (ossia la medaglia di bronzo) per The angels' share di Ken Loach. Più volte premiato a Cannes, il regista britannico ha avuto il merito, in tempo di crisi, di girare una commedia alcolica e leggera sulle disavventure di un gruppo di giovani disoccupati. Applausi anche per l'attore danese Mads Mikkelsen, toccante interprete de La chasse, storia di presunta violenza su una bambina e relativo linciaggio della comunità firmata dal talentuoso Thomas Vinterberg (già regista di Festen).
L'idillio tra Moretti e la platea però è finito qui. Prima, bordate di fischi avevano accompagnato la proclamazione del Grand Prix (cioè il secondo alloro in ordine d'importanza) dato a Reality del nostro Matteo Garrone. Una commedia piena di colori, a metà tra fiaba e realtà, che parla della ricerca della felicità in un Italia incolta e fracassona. Un buon film che però non è stato capito dalla maggior parte dei critici stranieri, sconcertati dall'ambientazione stile Grande Fratello. E probabilmente dalla ripetizione di certi stilemi partenopei già usati in Gomorra. Sui giornali francesi e inglesi si parlerà certo di “favore” tra italiani. Peccato.
Le "Migliori attrici" Cosmina Stratan e Cristina Flutur, accanto al divo di Hollywood Alec Baldwin (Reuters).
I sibili in sala avevano però cominciato a risuonare già prima con l'assegnazione del premio per la miglior sceneggiatura al rumeno Cristian Mungiu per Au-delà des collines: due ore e mezza di cupezza per raccontare una storia di fede ancestrale, esorcismo e amore violato tra due ragazze in un rigidissimo convento. Mungiu aveva già vinto la Palma d'oro nel 2007 con 4 mesi, 3 settimane, 2 giorni. E' chiaro perciò che sia uno che ci sa fare con la cinepresa e le storie crude. Stavolta, però, non era piaciuto pressoché a nessuno. Salvo la giuria, che ha pure premiato come migliori interpreti le attrici Cosmina Stratan e Cristina Flutur, tra lo sconcerto generale. Sola spiegazione l'impossibilità, in base al regolamento del festival, di dare il premio alla sublime Emmanuelle Riva per il suo film già incoronato con Palma d'oro. Fischi ancora più insistenti per il premio della regìa al messicano Carlos Reygadas per Post tenebras lux, film che definire criptico e astruso è dir poco. Una scelta decisamente snob, più attenta ai cinefili che al grande pubblico.
UNa scena di "Mud", di Jeff Nichols.
A bocca asciutta sono rimaste pellicole di buona qualità come Like someone in love di Abbas Kiarostami, Mud di Jeff Nichols, Cosmopolis di David Cronenberg. Ma niente paura, sarà il botteghino a render loro giustizia. Come sta accadendo già in queste ore per il film De rouille et d'os con l'intensa Marion Cotillard: 5 milioni di euro incassati in Francia nella sola prima settimana di programmazione. Grazie anche a Cannes.
Maurizio Turrioni