26/05/2012
Il regista Bernardo Bertolucci (Reuters).
“Devo ringraziare Cannes. Dopo The dreamers pensavo di aver chiuso con il cinema”, dice Bernardo che ora riesce a sorridere dalla sedia a rotelle (che lui beffardamente chiama elettrica) su cui l'hanno costretto i malanni alla schiena. “La Palma d'oro alla carriera mi ha spinto a uscire dal guscio, mi sono sentito rimesso in gioco. Mi è tornata la voglia di far cinema”.
Erano passati dieci anni dal suo ultimo set. In mezzo, un'operazione mal riuscita e la consapevolezza di non essere più libero di muoversi. “Scoprirmi paralizzato mi aveva sprofondato nella depressione. Mi ci sono voluti anni per elaborare il lutto”, racconta. “Perdere la mobilità per me, che mi sono sempre agitato sul set, voleva dire perdere la possibilità di fare cinema. Che poi è la mia vita. Ho dovuto imparare ad accettare la nuova condizione, a considerarla normale. Prima di partire per la retrospettiva in mio onore fatta a Los Angeles, Niccolò Ammaniti mi aveva inviato il suo nuovo romanzo: Io e te. L'ho letto d'un fiato e mi è venuta voglia di farne un film, girato in italiano, la mia lingua che non usavo sul set da trent'anni”.
A dargli coraggio è stata anche la particolare ambientazione della storia, che si svolge quasi interamente all'interno di uno spazio chiuso. “Il set lo abbiamo attrezzato nello studio di un amico pittore, Sandro Chia, proprio a due passi da casa”, spiega Bertolucci. “Con la mia sedia elettrica ci arrivavo in due minuti! Alla fine, mi sono trovato benissimo. Ho scoperto che posso fare cinema anche da seduto. E sono arrivato fino a Cannes”.
Bernardo Bertolucci tra Tea Falco e Jacopo Olmo Antinori, i due protagonisti del film fuori concorso "Io e te", tratto dal romanzo di Niccolò Ammaniti (Reuters).
Dei tanti adattamenti letterari presentati quest'anno al festival,
questo del libro di Ammaniti è senza dubbio il più riuscito.
Probabilmente, grazie anche al coinvolgimento dello stesso autore nella
sceneggiatura, voluto dal regista. Che si è riservato, però, la libertà
di cambiare il finale della storia. “Non mi piace che un tossico, per
convenzione o per moralismo, debba per forza finire male”, la sua
considerazione. “Ho preferito regalare alla ragazza una possibilità,
un'apertura alla vita. E ho voluto io che il film fosse proiettato di
pomeriggio, perché si tratta di una pellicola solare, ottimista”.
La vicenda narrata da Io e te (che uscirà nelle sale a fine
ottobre) è in fondo una storia minimale, capace però di catturare lo
spettatore poco a poco. Ne è protagonista un quattordicenne foruncoloso e
insopportabile, Lorenzo, che si ritrova inaspettatamente a fronteggiare
una venticinquenne dall'aria sicura ed emancipata, Olivia, in realtà
non meno fragile di lui. Ciò che complica la faccenda è che i due sono
fratellastri: figli dello stesso padre e di madri diverse. Non si vedono
da anni, non si conoscono quasi. E l'incontro imprevisto, sulle prime,
suscita scintille. Eppure, nella penombra dell'enorme cantina di casa
dove si nascondono entrambi per giorni (lei per disintossicarsi e
tentare la risalita, lui per non andare in settimana bianca con i
detestati compagni ma fingendo così da non scontentare gli ansiosi
genitori), finiranno per trovare l'uno nell'altro quella complicità
familiare, quell'affetto profondo che gli adulti non hanno saputo dare
loro. E il finale, appena venato di speranza, è un atto di fiducia nei
giovani d'oggi.
Maurizio Turrioni