20/10/2010
L'obiettivo è lavorare sodo oggi per poter un giorno smentire, dati alla mano, quel banchiere americano che a Tim Lang, docente di politiche alimentari presso la City University di Londra disse un annetto fa, volutamente beffardo: «Qual è l'oggetto di questa conferenza? Il cibo? Oh, il cibo… È tutto petrolio!». I problemi, infatti, non sono solo riconducibili all'ingiustizia (chi mangia troppo e chi muore di fame) e agli stili di vita (anche volendo, nutrire tutta la popolazione mondiale con una dieta americana è semplicemente impossibile, ci vorrebbero troppi pianeti rigogliosi e fertili). C'è un profilo di impatto ambientale e di consumi energetici cui si pensa troppo poco: quando noi italiani mangiamo uva fuori stagione spesso consumiamo grappoli che arrivano in aereo dal Cile. Il che significa bruciare 5,8 chilogrammi di petrolio e immettere nell'atmosfera 17,4 chilogrammi di anidride carbonica. Un hamburger di 150 grammi, prima di arrivare sulla nostra tavola ha consumato 2.500 litri di acqua, tutta quella che serve per irrigare il terreno su cui cresce il foraggio che serve ad alimentare l'animale. Incidere su questo sistema di cose è urgente oltre che doveroso.
Ecco perché le comunità del cibo convenute a Torino da tutto il mondo intendono chiudere Terra Madre redigendo otto documenti su altrettanti temi che ruotano attorno al rapporto tra "sostenibilità e politiche alimentari", lavorando su tracce preparate da studenti e docenti di un apposito corso organizzato dall'Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo (Cuneo). Alla stesura di questi testi contribuiscono esperti di fama internazionale come gli economisti Jeremy Rifkin, Stefano Zamagni, Serge Latouche e Gunter Pauli o come Wolfgang Sachs, Vandana Shiva e Tim Lang. Il 10 dicembre, giorno in cui si celebra in tutto il mondo il Terra Madre Day, i documenti verranno inviati a chi governa le varie nazioni.
Alberto Chiara