Tutti a cena, ospiti del gentil sesso

Cucinare per ritrovare una vita normale. I progetti sociali del Carcere di Bollate e di Settimo Torinese si concretizzano l'8 marzo, con due serate dedicate alle donne.

08/03/2011
La cucina nel carcere di Bollate, in provincia di Milano.
La cucina nel carcere di Bollate, in provincia di Milano.

Tutto è cominciato lo scorso novembre, nel reparto femminile della II Casa di Reclusione di Bollate (Milano). Tutti i giovedì, una decina di detenute si sono incontrate per prendere parte a speciali lezioni di cucina. Per imparare e piano piano approfondire le regole della buona gastronomia: un veloce percorso di formazione culinaria che ha dato a tutte le partecipanti la possibilità di esprimersi al meglio. 
 
   A proporre l'iniziativa è stata la presidente del Soroptimist Club di Milano, Mariangela Doglio Mazzocchi. Soroptimist International è un’organizzazione mondiale di donne impegnate negli affari e nelle professioni, che promuove l’avanzamento della condizione femminile e i diritti umani. 

   L'idea è piaciuta subito ed è stata accettata con entusiasmo dalla direttrice del carcere Lucia Castellano, che ha messo a disposizione delle apprendiste cuoche la cucina della mensa.
 
   Il corso, intitolato Ciao cucina, è stato tenuto dalla giornalista di gastronomia Lucia Donizetti, una lunga esperienza anche come insegna del settore. 

   "All'inizio le ragazze non erano molto convinte dell'iniziativa, nata non solo per imparare a cucinare, ma soprattutto per aiutarle a stare insieme", spiega lei. "Qui nel carcere ci sono spesso problemi di convivenza. Le detenute hanno poi cominciato ad appassionarsi sul serio. Stasera, come gran finale del corso, ci sarà una cena. Hanno raggiunto un tale affiatamento che durante i preparativi cantavano tutte insieme. Qualcuna di loro ha espresso il desiderio che giornate così ci fossero più spesso. Abbiamo fatto fatica, perché non abbiamo alle spalle un catering e stasera le detenute metteranno a tavola centocinquanta persone".

  
   E il menù? "Semplice, niente di elaborato, ma ben presentato, creativo nel servizio", continua la giornalista. "Durante il corso abbiamo avuto qualche problema nella scelta delle ricette, perché la maggior parte delle partecipanti non è italiana. Alcune donne vengono dal Marocco, altre dalla Bolivia, insomma da ogni parte del mondo. Abbiamo optato per una cucina mediterranea, adatta ai gusti di tutte. Nella cena di gala di stasera, i cui proventi andranno a finanziare le attività del carcere, saranno serviti quasi solo piatti vegetariani. Ci sarà una vasta scelta di dolci, tema a cui le detenute si sono particolarmente appassionate".

   Durante la serata sarà presentato il libro” Ciao cucina”, scritto da Lucia Donizetti con la collaborazione di alcune detenute, a testimonianza del lavoro svolto in questi mesi nella cucina del carcere. 

   Dal menù proposto agli ospiti nella Sala Convegni del carcere di Bollate a quello altrettanto invitante proposto, sempre stasera, a Il Ristorante si Settimo Torinese.
Anche per l’8 marzo qui non è previsto “nulla di normale”. Come molti sanno, infatti, Il Ristorante è un progetto sociale e terapeutico grazie al quale persone affette da disagio psichico hanno l’occasione di ricominciare una vita normale svolgendo un lavoro a contatto con il pubblico.

   Per la festa della donna lo staff di turno al Ristorante sarà tutto al femminile. Donne che servono donne quindi, ma anche, visto dalla prospettiva opposta, donne che aiutano le donne scegliendo di cenare in un locale diverso dagli altri.

   Lo chef del ristorante Mirko Vieta, che coordina il lavoro e che sarà l'unica presenza maschile della serata, ha preparato una cena semplice ma gustosa, dai sapori piemontesi ma non solo.

   "Sono della zona di Ivrea e chiaramente mi ispiro alla cucina del territorio, senza farmi condizionare troppo. La cooperativa L'Ippogrifo, che ha aperto questo ristorante, mette a disposizione di persone con difficoltà psichica borse di lavoro. Lavorano qui a turno al massimo venti ore a settimana, seguiti dagli educatori. I risultati sono straordinari: si appassionano alla cucina e, soprattutto, servendo ai tavoli, chiacchierano con le persone, si distraggono, ritrovano un contatto sereno con il prossimo. Stasera ad aiutarmi ci saranno solo le donne, ma normalmente si cono anche tanti uomini e ragazzi". 

   Aggiunge la presidente della Cooperativa L'Ippogrifo Laura Bonavita: "Siamo nati nel 1997 per la  costruzione di un modello e di una rete di servizi finalizzati a promuovere, sviluppare e sostenere, attraverso il lavoro educativo, l’autonomia e il reinserimento sociale della persona afflitta da un “disturbo psichiatrico” e osteggiare il suo precipitare in un percorso senza ritorno, verso l’isolamento e l’esclusione sociale. Da sempre collaboriamo in questo senso con l'Asl locale. Questo ristorante non è il primo che abbiamo aperto. All'inizio c'è stata l'Osteria di Nole. Il progetto ha funzionato. Oggi possiamo davvero dire che la nostra cucina fa bene!" 

Giusi Galimberti
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