26
apr
E' la dieta dell’anno, al primo posto della classifica generale in Gran Bretagna, dove continua a vendere ben 40 mila copie a settimana. Negli Stati Uniti, la prima tiratura è addirittura stata di 125 mila copie. Ora La dieta fast, di Michael Mosley e Mimi Spencer, arriva anche in Italia. Edita da Corbaccio e in libreria proprio in questi giorni, si basa su un principio semplice, efficace e salutare: basta ridurre le calorie per due soli giorni alla settimana, continuando a mangiare come al solito negli altri cinque. È il principio del "digiuno intermittente" o della "restrizione calorica".
Niente di nuovo, in fondo. Tutte le grandi religioni prescrivono il digiuno, come forma di purificazione sia spirituale, sia fisica.
I Vangeli, ad esempio, sono pieni di testimonianze sul digiuno di Gesù che, addirittura, secondo alcune tesi, si astenne dal cibo perfino nell'Ultima Cena. Lo testimonia don Silvio Barbaglia, biblista e autore del libro Il digiuno di Gesù all’ultima cena. Confronto con le tesi di J. Ratzinger e di J. Meier (Cittadella Editrice, 114 pp., 12,80 euro), un testo che offre un’analisi alternativa, e sicuramente interessante, di uno dei momenti più importanti della storia di Gesù. Spiega il biblista: «Gesù dice di essere "colui che serve". Tale definizione, insieme alle parole usate durante la consacrazione del pane (prendete e mangiate, questo è il mio corpo), è funzionale per motivare la dimensione del servo, che Gesù fa propria, appunto, nell’ultimo pasto consumato con gli apostoli».
In generale, comunque, la pratica del digiuno è presente in tutta la Bibbia. «Tutti ricordiamo», evidenzia don Barbaglia, «il digiuno di Gesù nel deserto. Si tratta di una vicenda intessuta di rimandi all’Antico Testamento».
Del resto, anche per gli ebrei l’astensione dal cibo è un momento ricco di significati. «I più ortodossi», afferma ancora il sacerdote, «osservavano un digiuno totale per un giorno alla settimana. È un’occasione di perdono e di riconciliazione, ma anche un’opportunità per riscoprire il valore del cibo. Una preghiera fatta di parole, ha bisogno di silenzio per non perdere senso. Una vita fatta di lavoro, ha bisogno del riposo.
Così, se non siamo capaci di sospendere il cibo, finiamo per banalizzarlo».
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26 aprile 2013 - Commenti
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23
apr
Si chiama cucina cromatica. La sua filosofia? Proporre piatti sani e gustosi, ma soprattutto variopinti. Non solo perché l’occhio vuole la sua parte anche a tavola: il colore dei cibi, a chi sa leggerlo, «può rivelare la presenza di specifiche sostanze dette phytochymichals, che hanno particolari funzioni nel nostro organismo». Spiega Alessandra Obblili, medico nutrizionista.
«La caratteristica fondamentale di un corretto programma nutrizionale», continua la dottoressa, «è la presenza di alimenti multicolore. C’è molta differenza nel trovarsi davanti ad un piatto mono o bicolore piuttosto che una portata variopinta: l’umore cambia, si mangia più volentieri e l’alimentazione corretta non è più vista come una privazione, ma come la scoperta di piatti nuovi e appetitosi».
Le gradazioni cromatiche fondamentali sono cinque: rosso, giallo-arancio, verde, blu-viola e bianco, una tavolozza di salute e bontà che colora frutta e verdura.
L’Organizzazione mondiale della Sanità ne prescrive 5 porzioni al giorno e variare resta sempre fondamentale.
Aiutatevi con i colori per scegliere un menù ricco di fantasia e vitalità.
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23 aprile 2013 - Commenti
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22
apr
Uno studio della Regione Toscana e dell’Università di Pisa sostiene che si può ridurre dal pecorino toscano il colesterolo cattivo nutrendo gli ovini con foraggi arricchiti da semi di lino. Ne saranno felici gli italiani che, nonostante i ritmi di lavoro incalzanti e la crisi economica, non perdono il gusto per i piatti tradizionali.
Nel 2012 l’Italia ha registrato un calo del consumo alimentare, ma un aumento dell’acquisto di pasta: ogni anno ne mangiamo 26 chili. Secondo un sondaggio di Coldiretti, un italiano su tre rinuncia regolarmente al pranzo.
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22 aprile 2013 - Commenti
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