Stalking, la legge non basta

La normativa dell'aprile 2009 sugli atti persecutori inizia a sollevare alcune critiche. I dati ufficiali e non, un parere legale e alcuni delitti dell'estate ci invitano a riflettere.

Ma la legge non basta

24/09/2011

    L'avvocato Maddalena del Re è specializzata in diritto penale e diritto di famiglia, ed è stata difensore delle vittime in molte situazioni di violenza su donne e su minori, compresi "casi di donne costrette a sporgere denuncia per stalking". E' inoltre consulente legale dell'Aied (Associazione italiana per l'educazione demografica)-

    - Avvocato, spesso dopo la denuncia lo stalking continua. E' anche un limite della legge?

    "Sì. La legge sullo stalking predispone un vero e proprio sotto-sistema di tutela preventiva, che però è delegata quasi esclusivamente alle forze dell'ordine: hanno per esempio il potere di ammonire lo stalker sulla base di una segnalazione della vittima, quando non c'è ancora stata una denuncia. La precisione della legge su questo punto non è particolarmente compiuta, per cui si è lasciato molto all'interpretazione delle forze dell'ordine. Quindi non sempre sono state adottate effettivamente queste misure di prevenzione, lasciando poi la donna in una grossa solitudine. Non essendoci una risposta immediata delle istituzioni, la donna può subire conseguenze negative dalla sua denuncia".

    - Quali misure preventive si potrebbero introdurre per legge?

    "Per esempio, c'è già la possibilità che la persona offesa possa esporre informalmente i fatti all'autorità di pubblica sicurezza, con la richiesta contestuale che il questore o un suo delegato ammonisca l'autore. Bisognerebbe forse adottare regolamenti attuativi, con decreto ministeriale, per specificare bene quale sia il compito del funzionario di pubblica sicurezza; in parole povere, del poliziotto che si fa carico di una situazione a rischio. Uno volta che ha ammonito, deve chiamare il presunto stalker? Deve sentirlo? E in quali forme? Deve andare a casa e verificare la situazione? Forse queste norme positive, che tendevano a evitare che la donna dovesse necessariamente denunciare e affrontare il procedimento penale con tutte le sue lungaggini, andrebbero un po' più specificate e curate nel loro aspetto pratico. Perché oggi sono lasciate alla sensibilità del singolo commissariato di polizia o comando dei carabinieri: in un posto possono andare benissimo; in un altro, dove magari devono inseguire spacciatori o assassini, poi invece trascurano queste richieste di tutela di una vittima di stalking. E' un punto che si può chiarire, migliorare, magari creando in ogni comando due o tre soggetti operativi sullo stalking".

    - E l'ipotesi di un gratuito patrocinio per tutte le vittime di stalking?

    "E' già previsto per chi ne ha bisogno. Sostanzialmente, non cambierebbe molto la situazione. Ci vorrebbe forse più snellezza nella norma sul patrocinio, ma per tutti i reati".

    - Ma le leggi bastano a combattere il problema dello stalking?

    "No.  In ogni campo, la legge penale è l'extrema ratio, che teoricamente dovrebbe intervenire nei casi estremi. Andrebbero poste in essere tante altre condizioni. A partire dal controllo sociale attraverso i luoghi di lavoro, la scuola, con una certa educazione alla prevenzione e al rispetto tra i generi. I luoghi sociali dovrebbero diventare anche degli ambiti dove si parla di questi aspetti, e ciò è fondamentale. Poi, il controllo sociale anche da parte delle forze dell'ordine, attraverso "meccanismi" per cui si possono raccogliere delle lagnanze che poi vengono controllate. Inoltre, i consultori familiari potrebbero diventare luoghi dove magari si incrementano le figure legali, di cui c'è sempre estrema necessità per spiegare i diritti alle donne. Anche con consulenze gratuite, con una funzione preventiva dei reati. Sono già luoghi disseminati sul terriotrio, ai quali si potrebbe aggiungere questa funzione".

Rosanna Biffi
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