30/07/2012
Questi «balzi in avanti» di natura
teologica quali conseguenze hanno
prodotto in termini di riforma pastorale?
Si ha la netta sensazione, 50 anni
dopo, di trovarci di fronte a un rinnovamento
pastorale rimasto a metà.
Infatti, in questi decenni di postconcilio,
l’attenzione della Chiesa si è
rivolta soprattutto all’aggiornamento
dei suoi rapporti ad extra con il mondo:
alla nuova evangelizzazione, alle
relazioni tra Chiesa e Stato, al dialogo
interculturale e interreligioso, ai nuovi
problemi etici sorti dall’applicazione
delle nuove tecnologie alla medicina
e alla vita umana, ai problemi della
giustizia, della pace, dello sviluppo e
della fame. Da qui il forte impegno
nel dialogo con il mondo, nella convinzione
che la Chiesa non ha solo da
dare, ma ha anche molto da ricevere,
poiché «parecchi elementi di verità»
si trovano anche al di fuori di essa,
presso le religioni non cristiane e perfino
presso i non credenti. Nonostante
questo notevole impegno, il rinnovamento
pastorale voluto dal Concilio
è rimasto a metà. Infatti, molto più
lento e incerto è stato lo sforzo per la
riforma interna della Chiesa. Su questo
punto, anzi, sembra prevalere un
clima di stallo, se non proprio di riflusso.
Certo, nessuno nega che la Chiesa
abbia compiuto importanti passi avanti
nel rinnovamento anche della sua
vita interna; tuttavia maggiori appaiono
i ritardi e le lentezze. Perciò erano
prevedibili il disagio e le contestazioni
che vanno crescendo nella comunità
ecclesiale. Benedetto XVI,
nell’omelia della Messa crismale celebrata
a San Pietro (5 aprile 2012), si è
riferito al caso clamoroso dell’«Appello
alla disobbedienza», promosso da
un’associazione di preti diocesani austriaci.
I firmatari dicono di sentirsi
obbligati a disobbedire e a risolvere di
propria iniziativa una serie di problemi
delicati, per smuovere l’immobilismo
di Roma e l’inattività dei vescovi.
Fa bene Benedetto XVI a negare
con forza che la disobbedienza sia la
via per risolvere le questioni e per rinnovare
la Chiesa. Giustamente il Papa
ricorda ai presbiteri la solenne promessa
di obbedienza, espressa proprio
durante il giorno dell’ordinazione,
nonché la lunga schiera di santi
che hanno riformato la Chiesa con la
loro obbedienza. Bisogna dire, però,
che l’obbedienza da sola non basta a
risolvere i problemi. Occorre che l’intera
comunità cristiana – composta sia
dalla gerarchia e sia dai laici –, prendendo
atto dei «balzi in avanti» compiuti
dal Concilio, porti a compimento
con coraggio la riforma interna della
Chiesa, divenuta forse troppo lenta
(o “ferma”), così da completare il rinnovamento
conciliare che, possiamo
dire, è rimasto praticamente a metà.
Bartolomeo Sorge