01/10/2012
Nonostante siano passati
diversi lustri dalla sua distribuzione
nelle sale, resta
nella storia del cinema
e nella memoria collettiva
I dieci comandamenti di Cecil
B. De Mille (Usa). Il
quale ne propose ben due
versioni, la prima nel 1923
e la seconda nel 1956.
La pellicola muta del
1923 si divide in due parti:
la prima (prologo biblico)
racconta la liberazione
del popolo giudeo, la
salita di Mosè al Sinai per
ricevere le Tavole della
Legge, l’adorazione del vitello
d’oro, la discesa di
Mosè. La seconda parte
(episodio moderno) si segnala
per la grandiosità
spettacolare, per la forza
narrativa e per le insolite
invenzioni tecnico-registiche
come, per esempio,
le immagini subacquee
degli egiziani che annegano
nel Mar Rosso.
Il rifacimento del 1956
a opera del medesimo regista
narra la storia di Mosè,
il bambino ebreo salvato
dalla madre a seguito
di un massacro voluto dal
faraone, che, adottato dalla
figlia di quest’ultimo,
diventa principe d’Egitto
e, dopo aver scoperto le
sue vere origini, decide di
abbandonare la sua vita di
lussi e agi. In seguito, dopo
aver affrontato il faraone
Ramesse II, suo acerrimo
nemico sin dalla gioventù,
libera il suo popolo
dalla schiavitù. La trama
della pellicola è desunta,
oltre che dal libro
dell’Esodo, anche dal Midrash,
dal Corano e dai testi
di Giuseppe Flavio.
Non dissimile è la trama
dell’omonimo film di
Charles Davis (Usa, 1982),
che racconta il periglioso
e doloroso cammino percorso
da Mosè e dal suo
popolo per giungere alla
Terra Promessa. Dopo la
fuga dagli egiziani e il passaggio
del Mar Rosso, la
lunga carovana si accampa
sulle pendici del Sinai.
Mosè si separa dalla sua
gente per scalare la montagna
e aspettare la parola
di Dio, che gli consegnerà
le Tavole della Legge.
Quando fa ritorno, il patriarca
scopre che gli ebrei
si sono dati al peccato.
Marco Deriu