01/12/2011
Ma andiamo con ordine: quando si parla di Media
Education si fa riferimento a tre diverse modalità di
intenderla e quindi si parla di educazione con i media,
educazione ai media ed educazione per i media.
L’educazione con i media è l’accezione più diffusa
e più usata in ambienti di istruzione e di formazione,
in quanto i media vengono intesi come strumenti
da utilizzare nei percorsi educativi.
La seconda
accezione, educazione ai media, fa invece riferimento
alle capacità di comprensione critica dei media
e alle competenze necessarie per l’interpretazione
del loro linguaggio.
L’ultima accezione fa riferimento
alle competenze necessarie
per la formazione dei professionisti
dei media.
Non c’è dubbio che l’educazione
con i media (programmi Tv,
film, radio e audiocassette, giornali, libri
e, più recentemente Internet, software
vari portabili su Lim, cioè Lavagna
interattiva multimediale, su Pc e
su strumenti quali gli smartphone, gli
iPhone e i tablet) sia da tempo ampiamente
utilizzata nei percorsi scolastici
e nella formazione.
Tuttavia, spesso, i
media elettronici vengono utilizzati
come meri strumenti di trasmissione
di contenuti e non come utili e coinvolgenti
strumenti per la costruzione
della conoscenza.
L’uso che ancora in gran parte viene
fatto delle Lim,
ne è la prova più
evidente: a dispetto
delle possibilità di
lavoro di gruppo,
di interazioni tra
pari e di costruzione
della conoscenza
guidata dal docente-
tutor, a dispetto
delle possibilità
di costruire insieme
contenuti utilizzando
varie fonti
disponibili (filmati,
clip video e inserti audio, fotografie
etc., scaricati da Internet o creati dagli
stessi allievi), lasciando agli alunni
lo spazio di discutere, scegliere, provare
e, conseguentemente apprendere
dalle interazioni tra pari, dalle conseguenze
delle scelte e degli errori fatti,
si preferisce usare software preconfezionati
con i quali, appunto, trasmettere
contenuti.
Per dirla con Prensky (2007, pp. 54-
55), «... I nativi digitali desiderano sopra
ogni altra cosa l’interattività: si
aspettano cioè una risposta immediata
a ogni loro singola azione. L’insegnamento
tradizionale... Offre loro
ben poco in tal senso...».
La Lim è solo
un esempio, ma è chiaro che i ragazzi
di questo secolo, nati e cresciuti in un
ambiente ricco di media, utenti della
rete, si trovano a disagio in ambienti
dove non è sufficientemente consentito
loro di interagire con i pari oltre
che con le tecnologie disponibili.
Perché viene privilegiata questa tipologia
di utilizzo dei media? A nostro
avviso la risposta a questa domanda
sta, fondamentalmente, nella carenza
delle realizzazioni di attività formative
implicitamente contenute nella
seconda accezione della Media Education:
ciò che è poco efficacemente
praticata è proprio l’educazione ai
media, per cui si viene a determinare
una scarsa conoscenza dei linguaggi
propri di ogni medium.
Oggi tutti, ma i
più giovani in particolare,
vivono i media
per “immersione”,
per dirla con
Maragliano (2004),
e basta guardare alcune
recenti statistiche
dell’Istat per
rendersene conto.
Nel 2006 è stato
pubblicato uno studio
su L’uso dei media
e del cellulare in Italia, da cui risulta
che il consumo di media per i soggetti
da 11 anni in poi è variato, dall’anno
2000 all’anno 2006.
Se poi prendiamo in considerazione
le serie storiche, sul consumo dei
media, di cui qui riportiamo la tabella
Istat relativa all’Italia nel suo complesso
nel periodo 1965-2010 possiamo osservare come il consumo
di televisione si mantiene sempre
oltre il 90%, quello della radio resta
pressoché invariato, il consumo di
quotidiani descrive quasi una parabola,
quello dei libri aumenta fino al termine
del secolo scorso per poi fermarsi,
sia pure con alti e bassi, un po’ oltre il 40%, mentre il consumo di Pc e
Internet, che viene rilevato solo in
questo secolo, aumenta di diversi punti
ogni anno. È evidente, quindi, che
l’aspetto più importante della Media
Education è l’educazione alla lettura
critica, alla corretta comprensione
del linguaggio dei vari media.
Eleonora Marino