30/07/2012
Un primo intervento
importante sarebbe quello
di fornire alle donne incentivi
nei settori della
formazione tecnico-scientifica
(obiettivo strategico
già dell’Unione europea).
In Italia questi strumenti
sono praticamente
assenti. Un secondo importante
intervento sarebbe
il ripristino della Legge
188/2007 contro le dimissioni
in bianco. Si tratta
di una norma approvata
da una maggioranza trasversale
dal secondo Governo
Prodi e cancellata
dall’ex ministro Sacconi,
che prevedeva l’uso di moduli
numerati validi al
massimo 15 giorni per
presentare dimissioni volontarie.
Un intervento a
costo zero, che consentirebbe
di combattere questa
pratica discriminatoria
ottenendo maggiore
occupazione femminile e
favorendo la fecondità.
Occorre poi introdurre
incentivi a una più equa divisione
del lavoro domestico
tra uomini e donne. Interventi
cruciali in questa
direzione riguardano i
congedi parentali. Nell’ottobre
del 2010 il Parlamento
europeo ha approvato
una legge per proteggere
le donne dal licenziamento
a causa della maternità
e garantire anche ai padri
almeno due settimane di
congedo obbligatorio (remunerato).
Si possono anche
estendere i congedi ai
padri e pensare a congedi
part time per ambedue i
genitori (sull’esempio della
Svezia) in modo da ridurre
l’impatto negativo
sulla carriera e sui salari
delle madri.
Si tratta, di fatto, di ridistribuire
su ambedue i genitori
i costi dei congedi
parentali. Questo tipo di
iniziativa dovrebbe essere
sostenuta da campagne di
sensibilizzazione per i padri
e le imprese. Il congedo
ai padri aiuterebbe,
inoltre, a promuovere la
cultura della condivisione
della cura dei figli, delle
responsabilità e anche dei
diritti tra madri e padri.
Per le donne che lavorano
è poi necessario garantire
un maggior sviluppo
e monitoraggio delle politiche
di conciliazione sul
posto di lavoro, anche in
applicazione dell’art. 9
della Legge 53 del 2000,
che promuove e finanzia
la messa in atto di buone
prassi di conciliazione da
parte delle imprese.
Infine, è necessario aumentare
la disponibilità e
ridurre il costo per le famiglie
dei servizi di cura
per i bambini piccoli. Dopo
l’intervento “Piano
per i nidi 2007” del ministro
Bindi, ben poco è stato
fatto. In Italia, l’investimento
pubblico per i
bambini nella prima fase
del ciclo di vita è limitato
sia rispetto agli altri Paesi
europei, sia se si confrontano
le spese pubbliche
destinate a bambini di altre
classi di età. La spesa
media per i bambini in
età tra 0 e 2 anni è infatti
del 25% inferiore a quella
media dei Paesi Ocse, e
pari alla metà della spesa
media destinata alle classi
di età 6-11 anni e 12-16.
Di conseguenza, l’offerta
di nidi pubblici in Italia
oggi è tra le più basse
d’Europa e solo il 12%
dei bambini sotto i tre anni
ha un posto al nido
pubblico, contro i l
35-40% della Francia e il
55-70% dei Paesi nordici.
Il legame tra offerta di nidi,
lavoro delle madri e risultati
scolastici dei bambini
è fondamentale.
Non solo avere la madre
che lavora non pregiudica
lo sviluppo delle capacità
cognitive e comportamentali,
come invece erroneamente
spesso si è ritenuto,
specie se il minor
tempo che la madre trascorre
con il figlio è compensato
dal tempo di personale
qualificato in strutture
di elevata qualità, i nidi
pubblici appunto. Anzi,
quanto minore è il livello
di istruzione e di reddito
dei genitori, quanto
più l’asilo nido assume il
ruolo di investimento precoce
nei bambini.
Se si riconosce il ruolo
dei nidi nel processo di accumulazione
di capitale,
allora la proposta è quella
di inserire il nido nel sistema
dell’istruzione scolastica
pubblica. Costruire
nuovi nidi pubblici è indubbiamente
costoso, ma
essi sono meritevoli di spesa
pubblica come il resto
dell’istruzione scolastica.
E poi, un maggior numero
di asili nido significherebbe
una maggiore
occupazione (femminile)
sia per gli effetti diretti (le
educatrici assunte) sia
per gli effetti indiretti
(più donne con figli potrebbero
lavorare). È credibile
quindi che, almeno
in parte, il costo dei nuovi
nidi potrebbe essere sostenuto
dagli introiti derivanti
dalle imposte sui redditi
delle nuove assunte.
Daniela Del Boca, Letizia Mencarini e Silvia Pasqua