30/07/2012
La prima rivoluzione, quella dell’istruzione femminile,
è quasi pienamente compiuta: le giovani italiane sono
ormai più istruite degli uomini, anche se scelgono
spesso percorsi di studio meno remunerativi nel mercato
del lavoro. Le giovani, infatti, sembrano preferire le
discipline dell’area umanistica, caratterizzata da livelli
occupazionali e retributivi più bassi, mentre gli uomini
scelgono maggiormente le discipline dell’area scientifica
e ingegneristica, caratterizzata da livelli occupazionali
e retributivi più elevati.
La seconda rivoluzione, quella del mercato del lavoro,
resta largamente incompiuta. Il tasso di partecipazione
lavorativa delle donne italiane è sempre il più
basso d’Europa, mentre il tempo dedicato al lavoro domestico
e di cura è sempre il più alto. Tra le donne tra i
20 e i 34 anni, nel 2010, il tasso di occupazione è addirittura
sceso (al 48%, contro il 50% del 2000). Una delle
ragioni principali per la bassa partecipazione delle
donne italiane è dovuta al fatto che un quarto delle
donne occupate esce dal mercato del lavoro alla nascita
del primo figlio. Tra le giovani sono addirittura in
crescita le interruzioni imposte dal datore di lavoro (oltre
la metà del totale). A sperimentare le interruzioni
forzate del rapporto di lavoro
sono soprattutto le
giovani generazioni (il
13,1% tra le madri nate
dopo il 1973) e le donne
residenti nel Mezzogiorno.
Le interruzioni, poi, si
trasformano nella maggior
parte dei casi in uscite
prolungate dal mercato
del lavoro: solo il 40%
delle donne uscite riprende
il lavoro (il 51% al
Nord e il 23,5% al Sud).
Lontana dal compiersi
e “tradita” (dagli uomini)
è la rivoluzione all’interno
della famiglia, nella ripartizione
dei tempi e dei
compiti familiari tra uomini
e donne, così sbilanciata
da creare, vista anche la
scarsità di servizi di cura,
enormi problemi di conciliazione
tra lavoro e maternità
e impedendo la
crescita dell’occupazione
femminile.
La rivoluzione di genere
nella politica, poi, non
è mai cominciata: ancora
oggi, anche per la scarsa
presenza di donne in parlamento
(59 senatrici su
331 e 134 deputati donna
su 630), le istanze e le proposte
di legge su parità e
politiche sociali a beneficio
delle donne hanno un
cammino lento e faticoso.
Se negli ultimi anni è
mancata la volontà politica
di cambiare e rendere
più efficiente e uguale
per genere il nostro Paese,
adesso anche i più forti
vincoli finanziari della
crisi economica portano a
trascurare le donne
nell’agenda politica del
Paese. Tuttavia ci sono interventi
che sarebbero investimenti
per il futuro,
più che costi, e che potrebbero
cominciare a
cambiare il contesto in
cui le donne (e gli uomini)
vivono e lavorano.
Daniela Del Boca, Letizia Mencarini e Silvia Pasqua