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Diventiamo ciò che guardiamo, ma anche ciò che mangiamo. Il cibo prima di avere un sapore ha un profumo e anche un colore, una forma, un aspetto che ce lo rende desiderabile con gli occhi. Quindi deve essere anche bello, piacevole da vedere oltre che buono. Mangiare è scegliere, desiderare, comunicare.
Attraverso il cibo si comunica l’amore. Un cibo non curato e buttato lì nutre solo il corpo ma comunica poco allo spirito. Non si vive per mangiare, si mangia per vivere, ma il cibo dà gusto e sapore alla vita e allo stare insieme. Il cibo va condiviso. Per questo lo curiamo anche nel “modo” in cui lo presentiamo a tavola e nel “come” lo prendiamo insieme con gli altri.
La tavola è il luogo per eccellenza della famiglia, il suo centro vitale. Canta il salmista: “I tuoi figli come virgulti d’ulivo intorno alla tua mensa”. C’è una tavola imbandita all’inizio e alla fine della vita pubblica di Gesù: le nozze di Cana e l’Ultima Cena.
Gesù non ha trovato altro modo per comunicare tutto se stesso ai suoi discepoli che istituire nell’Eucarestia la memoria della sua ultima cena con loro: «Fate questo in memoria di me». E dopo la Sua resurrezione si è fatto presente ai due discepoli di Emmaus proprio a tavola, nel gesto dello spezzare il pane.
Alfredo Tradigo
Bambini a tavola, Serebriakova Zinaida (1884-1967) Mosca, Galleria Tret'jakov (immagine Scala)
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30 gennaio 2013 - Commenti
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"Uno non può pensare bene, amare bene, dormire bene, se non ha mangiato bene"
Virginia Wolf
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30 gennaio 2013 - Commenti
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"Si tratta di aggiungere vita agli anni e non anni alla vita."
Olof Astrand
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29 gennaio 2013 - Commenti
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"Nascere è ricevere l'intero universo in dono"
Jostein Gaarder
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28 gennaio 2013 - Commenti
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"Ogni bimbo che viene al mondo reca un annuncio di gioia: Dio non si è ancora scoraggiato degli uomini"
Rabindranath Tagore
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27 gennaio 2013 - Commenti
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"L'importante non è da chi siamo nati, ma perché."
Paul Claudel
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26 gennaio 2013 - Commenti
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"Non dimentico mai che il solo esistere è una gioia"
Katharine Hepburn
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25 gennaio 2013 - Commenti
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"Quando uno sa per cosa vive, non ha bisogno di domandarsi perché vive"
Gustave Thibon
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24 gennaio 2013 - Commenti
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Ritratto di madame Roulin, Vincent Van Gogh (immagine Scala).
Da dove veniamo? Dove andiamo? Quando nasce un bambino accade qualcosa che ci eccede. Eppure è un fatto così naturale. Anche se oggi sempre più raro. Così davanti al vetro di una nursery tutti sgranano gli occhi. I bambini, in particolare, quando guardano in neonati hanno uno sguardo così particolare, sembra che riconoscano in quel piccolo essere appena venuto al mondo una parte di sé ancora intatta. Si dice che dal momento in cui si nasce si incomincia a morire.
Si nasce. Si muore. Niente di nuovo sotto il sole direbbe il libro del Quelet. Eppure Gesù, un bambino all’apparenza come tutti gli altri bambini, ha cambiato il mondo. E ad ogni bambino che nasce il mondo si rinnova. In famiglia, per esempio, succede una piccola rivoluzione: tempi, notti, giorni non sono più gli stessi. Tutto si ridimensiona e cerca un nuovo equilibrio come un piccolo sistema solare che ritrova il suo centro di rotazione intorno a quel fagotto che – piangendo o ridendo – fa piovere o fa venire il sole. Ruba tutta l’attenzione. Tutti intorno a lui vogliono dire la loro, cercare una somiglianza, intuire un sorriso. Ma realmente chi ci sta davanti? E da dove è venuto? Cosa sente, pensa, prova?
Già è difficile all’inizio distinguere un mal di pancia da un ruttino ma le nuove mamme sono veloci a imparare. Contano le cose elementari: ha fame, ha sete, è da pulire, ha sonno. Le mamme lo sanno bene. E i papà arrancano dietro di loro, seguiti da uno stuolo non sempre opportuno di parenti-sapienti che vogliono dire la loro. Così tutti presi dal piccolo ci si dimentica la domanda fondamentale che quel piccolo pone: cosa avviene davvero quando si nasce? E noi che abbiamo accumulato anni alle nostre spalle chi siamo? L’irripetibilità di quell’essere persona eti il suo desno inimmaginabile persino nel colore che prenderanno i suoi occhi. E i capelli: saranno biondi o scuri, ricci o lisci? E quel nasino, si assottiglierà o diventerà invadente come quello di papà?
Nel Ritratto di Madame Augustine Roulin e la piccola Marcelle il trentacinquenne pittore olandese. Vincent Van Gogh, arrivato in Provenza per dipingere i colori del Sud, ci presenta il ritratto della moglie del suo amico, il postino di Arles con la piccola figlia in fasce. Ripeterà quel soggetto sei volte tra il dicembre del 1888 e il gennaio del 1889 facendone una specie di manifesto della sacralità della maternità.
Tutte le nostre domande s’infrangono davanti a quest’immagine semplice. La mamma è vestita di verde, il colore della vita. La mamma è stanca, ha il volto teso, si è occupata tutto il giorno della sua creatura e ora ce la mostra come una Madonna mostra il suo Gesù: piccola candida creatura che riflette le ombre verdi del suo vestito. Quella creatura non è più sua, è già per il mondo: offerta. E la bimba è impotente e ferma come un miracolo che ci guarda, le piccole braccia aperte e le manine tese.
Alfredo Tradigo
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23 gennaio 2013 - Commenti
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"Sia sempre un bimbo il centro del mondo"
David Maria Turoldo
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23 gennaio 2013 - Commenti
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"Chi non ama vive solo a metà"
Herbert Heckmann
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22 gennaio 2013 - Commenti
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"L'amore si esprime in primo luogo nello stare con qualcuno, piuttosto che nel fare qualcosa con qualcuno."
Madre Teresa di Calcutta
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21 gennaio 2013 - Commenti
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"L'amore non guarda con gli occhi, ma col cuore."
William Shakespeare
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20 gennaio 2013 - Commenti
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"La vita ha un limite, l'amore no."
Ihara Saikaku
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19 gennaio 2013 - Commenti
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"L'amore è la potenza più delicata al mondo."
Gandhi
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18 gennaio 2013 - Commenti
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