20
mar

Quando la gioia esplode nel canto

Pablo Picasso, Due donne corrono sulla spiaggia (1922) Parigi, Museo Picasso.

Pablo Picasso, Due donne corrono sulla spiaggia (1922) Parigi, Museo Picasso.

Nella Bibbia assistiamo a un’autentica esplosione di gioia quando sulla riva del mar Rosso Miriam, sorella di Mosè canta e danza in onore di Yahweh che ha salvato il popolo affogando gli egiziani. Il testo è noto come «il canto del mare»: «Allora Miriam, la profetessa, sorella di Aronne, prese in mano un timpano: dietro a lei uscirono le donne con i timpani, formando cori di danze» (Es 15,20). È lei che inoltre insegna il ritornello, ripetuto dall'intera assemblea: «Cantate al Signore perché ha mirabilmente trionfato: ha gettato in mare cavallo e cavaliere!».

Miriam, questa donna di quasi novant’anni che aveva raccolto Mosè neonato, abbandonato in una culla di vimini galleggiante tra i giunchi del Nilo, è sorpresa dalla gioia come il vecchio Simeone del Vangelo che tiene tra le braccia il Bambino Gesù. Anche lui canta ed è così pieno di gioia che chiede al Signore di morire: «Ora lascia o Signore che il tuo servo vada pace!» (Luca 2,29). Quando la speranza si trasforma in certezza, quando si è scampato un pericolo o si ha stretto tra le braccia  il Messia, allora esplode la gioia.

«In verità siete sospesi tra dolore e gioia come bilance» scrive K. Gibran nel suo libro Il profeta. E quando prevale la gioia si rimane sorpresi. Sorpreso dalla gioia è il titolo dell’atuobiografia in cui lo scrittore C. S. Lewis, autore delle Cronache di Narnia,  racconta il suo passaggio dall’ateismo al cristianesimo. Ma la gioia è essenzialmente suono e squilla alta nel canto dell’Inno alla gioia di Beethoven, l’ultimo movimento della Nona di Beethoven: Gioia, figlia dell'Eliso, / Fiamma d'oro giù dal ciel, / Noi veniamo, ardenti in viso, / Diva eccelsa, al tuo sacel. // Il tuo fascino affraterna / Ciò che il mondo separò, / Fratellanza impera eterna / Dove l'ala tua posò.

Alfredo Tradigo

Pubblicato il 20 marzo 2013 - Commenti (0)
13
mar

La fede muove la storia e i popoli

Il passaggio del Mar Rosso, scuola di Raffaello (1483-1520), Logge Vaticane

Il passaggio del Mar Rosso, scuola di Raffaello (1483-1520), Logge Vaticane

La fede non è un’astrazione né l’antidoto, la panacea ai mali del mondo. Non è neppure l’oppio dei popoli, la morfina o l’anestetico per evitare sofferenze e guai. La fede non è solo un rifugio ai mali del mondo. Anche ma non solo. La fede è innanzitutto un atto positivo, un fatto che accade nella storia. Il primo esempio di fede che incontriamo nella Bibbia è narrato nell’episodio in cui Abramo per Dio sacrifica il figlio. Per fede Abramo “credette a Dio e ciò gli fu messo in conto di giustizia” scrive san Paolo nella sua lettera ai Galati. Abramo è il padre della fede di tre popoli: l’ebraico, il musulmano e il cristiano.

Dopo di lui Mosè ebbe fede in Dio e condusse fuori dall’Egitto il popolo d’Israele che da schiavo diventò libero. Per fede agirono i profeti e per fede Maria disse sì all’angelo. La fede muove la storia perché obbedisce solo a Dio. Lo ascolta e gli obbedisce. Così la fede sposta le montagne. Gesù, dopo aver seccato il fico con la sua parola, disse ai discepoli: “Se aveste veramente la fede, potreste dire a questa montagna: Va’ e gettati nel mare ed essa lo farebbe”. La vera fede erige cattedrali, ospedali, lebbrosari, scuole. Il vento della fede investe la storia e lentamente la modifica. Fa crollare i muri come quello di Berlino. E i muri che le persone si costruiscono nel cuore le une contro le altre.

Alfredo Tradigo

Pubblicato il 13 marzo 2013 - Commenti (1)
06
mar

Lo studio è la ricetta della felicità

Lo studio del pittore, di Pietro Barabino (1822-1869). Genova Galleria d'Arte Moderna

Da quando lo studio è diventato, giustamente, un diritto per tutti, se ne è perso un po’ il valore. Perché avere il tempo e la possibilità di studiare è in un certo senso anche un privilegio rispetto a chi non ha questo tempo e questa possibilità Così assistiamo a una generazione di studenti spesso svogliati o annoiati. Chi meglio può comprendere il valore dello studio sono gli studenti lavoratori, quelli che di giorno studiano e di sera fanno sacrifici per conquistarsi un diploma. Chi al contrario studia e basta, se non ha professori che gli comunichino gusto e senso e li coinvolgano personalmente nella materia rischiano di crescere generazioni di studenti annoiati. Né tutto può esser risolversi con ricerche e seminari collettivi, a meno che queste ricerche mettano in moto la genialità e la creatività dei singoli.

 

Perché lo studio è passione, iniziativa personale, conquista. Pensiamo ai grandi ricercatori: Leonardo da Vinci, Einstein, i coniugi Curie. E in campo artistico a Leopardi, Caravaggio, Van Gogh. L’inizio per loro è stato umile studio, ore e ore consumate in un corpo a corpo con la propria materia. Fino a scoprire che studiare ciò che si ama è il divertimento migliore della vita. Nello studio e nella ricerca entriamo in comunione con l’oggetto del nostro desiderio. È così per ciascuno di noi, qualsiasi cos prediliga. Anche il calcio o lo sport. Il lavoro p spesso è obbligo, aridità, fatica. Sogniamo sempre di fare qualcosa d’altro. Ma quando riusciamo a far coincidere studio e lavoro, la nostra passione e la realtà quotidiana raggiungiamo, per quello che si può raggiungere su questa terra, uno stato di  rara, duratura, invidiabile felicità.

Alfredo Tradigo

Pubblicato il 06 marzo 2013 - Commenti (0)

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Le parole della vita

Famiglia Cristiana presenta una nuova e attraente iniziativa: Le parole della vita”. Dieci eleganti volumi tutti da collezionare con centinaia di pensieri, riflessioni, aforismi di poeti, scrittori, filosofi e autori che hanno fatto la storia del pensiero.

Le più belle frasi per accompagnarti nei momenti più importanti della vita, per dare un significato nuovo, originale, più profondo alle nostre azioni.

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