15/10/2012
Di banche del latte materno si torna a parlare ma come esempio di responsabilità sociale che parte da un'azienda privata, la Granarolo, finanziatrice di un progetto di raccolta, trattamento e conservazione del latte di donna per metterlo a disposizione di bambini, prematuri o che necessitano di lunghe degenze, delle unità di neonatologia di Bologna dove ogni anno nascono più di cento prematuri con peso inferiore a 1500 grammi.
“Allattami” è la prima banca privata del latte umano donato che apre la strada a nuovi scenari, se pensiamo che le banche del latte sono strutture pubbliche inserite in ospedali dove c'è una terapia intensiva, ma che non coprono l'intero territorio nazionale quanto a numero e richiesta di latte. E soprattutto non fanno rete. Il confronto con il Nord Europa è perso in partenza.
Se in Italia le banche del latte, oggi 27 rispetto alle 138 terapie intensive e tutte relativamente recenti, faticano a decollare, a livello europeo ce ne sono 167: i paesi che ne hanno di più in assoluto sono quelli nordici: Svezia, Finlandia e Norvegia. Il Children Hospital di Helsinki, per esempio, ha una esperienza che supera il mezzo secolo: ogni ospedale ha la sua banca del latte, parte integrante di una cultura e di una buona pratica che da noi difettano. In Brasile, dove l'intervento dello Stato è importante e il latte materno è un vero e proprio farmaco salvavita, sono 200, e la distribuzione è capillare.
La prima in Italia fu aperta presso il Meyer di Firenze nel 1971, e tuttora la Toscana, con 6 che fanno rete, è la regione più attrezzata. In Lombardia, l'unica, dal 1985, è quella della Terapia Intensiva Neonatale e Neonatologia Macedonio Melloni della Città di Milano, e un'altra dovrebbe aprire entro fine anno presso l'ospedale meneghino San Giuseppe. Ma tante regioni ne sono sprovviste, soprattutto al Centro-Sud: un esempio è la Sardegna.
Nel Lazio invece ce n'è una sola, nata nel 1989: il Lactarium dell'ospedale pedriatico Bambino Gesù, unico centro di raccolta del latte di donna nella regione, dove vi arrivano richieste anche da altre regioni limitrofe che ne sono sprovviste. Richieste che il nosocomio non riesce, ovviamente, a soddisfare. Un problema, nel nostro Paese, aperto da tempo e che attende un ripensamento della politica sanitaria nazionale.
Il bisogno di latte materno è in crescita soprattutto per il numero maggiore di bambini prematuri per i quali è un elemento fondamentale, in quanto ricco di preziosi acidi grassi. La quantità da soddisfare è importante: basta pensare che, se a un prematuro in terapia intensiva bastano dieci grammi a poppata, a un lattante di 2-3 mesi servono sei o sette pasti da 150 grammi. E le banche, poche e distribuite a macchia di leopardo, devono fare i conti con la scarsa informazione: le mamme donatrici sono un numero esiguo rispetto a quelle che vorrebbero donare ma non sanno a quali strutture rivolgersi.
Francesca Fiocchi