Nelle "banche" del latte materno

Scarsamente diffuse in Italia le banche del latte materno. Le donne sono poco informate della loro utilità per i prematuri. All'estero sono una realtà consolidata.

Guido Moro di Alado: solo 60 mila euro per aprire una banca del latte

15/10/2012

Nasce a Milano, in via Teodosio 67, Alado, prima agenzia del latte di donna, fondata dal pediatra e neonatologo Guido Moro, presidente dell'Associazione italiana delle banche del latte umano donato (Aiblud) e di quella europea (Emba).

 

 

Professor Moro, in cosa consiste l'unicità di Alado?


«È una diramazione dell'Aiblud e offre un servizio alle mamme che allattano o vogliono allattare al seno, fornendo tre tipi di consulenza teorico-pratica: pediatrica, sull'allattamento e sui presidi da usare, come il tiralatte, che vanno a risolvere quelle situazioni temporanee che impediscono alla mamma di attaccare il bambino. Operiamo anche come centro di raccolta, lavorazione e conservazione del latte materno: siamo l'unico centro in Europa che consente alle mamme di allattare quando ci sono controindicazioni cliniche, come nei casi di hiv. Le mamme si tolgono il latte, ce lo portano e noi lo pastorizziamo, eliminando ogni rischio per la salute. In una banca del latte questo non è possibile: l'Oms consiglia di allattare solo se la mamma sieropositiva vive in un Paese in via di sviluppo, dove l'hiv è endemico, perché il rischio di trasmettere il virus al neonato è inferiore a quello di perderlo utilizzando una formula: l'acqua è molto inquinata e può causare infezioni gastriche mortali».

 

- Le donne italiane sono poco informate sulla donazione di latte materno rispetto alle neo mamme europee?


«Sì, nel resto dell'Europa, e in buona parte del mondo, c'è più consapevolezza, dovuta a una cultura radicata sul territorio ormai da generazioni. I paesi scandinavi ne sono un esempio. Proprio per sopperire a questa mancanza, Alado si pone come un centro di informazione che le aiuta a donare il latte o a richiederlo presso le apposite banche del latte, con indicazioni, nominativi e numeri di telefono.


- La donazione di latte di donna è solo una questione di solidarietà e generosità?


«No, il latte materno è il gold standard utile non solo quando le mamme non possono allattare, ma soprattutto nei casi di prematuri e neonati a rischio sottoposti alle cure invasive della terapia intensiva, perché offre una importante protezione contro l'enterocolite necrotizzante, causa di decessi e invalidità successive: negli ospedali con una banca del latte, i prematuri hanno un'incidenza di questa malattia inferiore del 50% rispetto a quelli nutriti con il latte formulato. Il latte materno ha dei vantaggi di tipo nutrizionale, immunologico, psicologico ed economico. Oms, Unicef, Unione europea e  società scientifiche pediatriche raccomandano l'allattamento materno esclusivo per i primi sei mesi di vita del bambino».


- Perché le banche del latte faticano a decollare nel nostro Paese?


«Il pretesto economico è addotto per mascherare una mancanza generalizzata di cultura, e anche di interesse da parte di alcuni neonatologi e della politica. Per mettere in piedi una banca del latte ci vogliono circa 60 mila euro, che non è un costo eccessivo. La nostra associazione non dà denaro ma fornisce i macchinari essenziali al buon funzionamento di una banca del latte: è l'ospedale che si deve accollare gli oneri di gestione e manutenzione. Ma i costi  si ammortizzano con degenze ospedaliere più brevi e meno complicanze. Ultimamente c'è più sensibilizzazione da parte del governo, con cui abbiamo stilato le  linee di indirizzo nazionale per l'organizzazione e la gestione delle banche del latte. Anche i fautori dell'allattamento al seno si sono resi conto che avere una banca del latte significa potenziare l'allattamento, e non diminuirlo».


- L'anno scorso, il caso clamoroso della mucca argentina Rosita Isa, clonata per produrre latte umano. Al di là di un'indubbia questione etica e morale, sarà possibile utilizzare questo latte per i prematuri?


«Non credo che sia la soluzione del futuro perché non è ancora chiaro se le proteine siano uguali a quelle del latte di donna o se ci siano delle differenze che, se pur minime, possono portare a complicazioni. La soluzione migliore è organizzarsi bene, incrementare la raccolta da mamme che producono latte in abbondanza e utilizzarlo per ricavare delle frazioni con cui arricchire il latte di donna da somministrare ai neonati. È solo che alla ricerca serve denaro».

Francesca Fiocchi
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