16/08/2010
Il professor Pietro Grassi.
«Questa iniziativa nasce tre anni fa su iniziativa del vescovo di Noto, Monsignor Staglianò, ed è stata concepita per allargare a un pubblico più ampio, normalmente estraneo a materie così complesse, le questioni legate alla bioetica», esordisce il professor Pietro Grassi, docente di Bioetica all'Istituto di scienze religiose presso l'Università della Santa Croce a Roma e coordinatore dei tre convegni di Trevi, Noto e Le Castella. «A Le Castella siamo ormai arrivati alla settima edizione del convegno e la sua caratteristica è quella di coinvolgere studiosi italiani e stranieri in un clima sereno, di dialogo. E lo stesso è stato fatto in altri luoghi, come il Gaslini di Genova o, quest'anno, a Trevi nel Lazio e a Noto».
L'importante è non buttarla in polemica: «Siamo sempre molto attenti al linguaggio per essere semplici e non sembrare apologetici. Il professor Bruschettini, nostro ospite fisso, ad esempio, usa l'arte per entrare nella sua materia. Privilegiamo un metodo di tipo fenomenologico, partendo dall'esperienza concreta. Occorre ragionare, in altre parole, sulle singole questioni a partire dalla realtà, dal fenomeno, per evitare una bioetica "autistica", che parla a sè stessa o, addirittura, che non parla a nessuno». Peculiare anche l'idea di organizzare i convegni lontano dalle luci e dai rumori della città, in luoghi "periferici": «E' in effetti una scelta di fondo condivisa con monsignor Staglianò. Il clima che si crea in questi contesti è molto familiare, ideale per trattare temi complessi».
Molto impegnativi i temi trattati. Uno in particolare: «A Trevi, ad esempio, ci concentremo su vari temi ma con un occhio sull'adolescenza, in particolare sul come aiutare i ragazzi a crescere in una sana relazionalità. La nostra è una società "problematizzata": tutto "fa problema", è una società in cui si è quasi obbligati a ostentare una sicurezza in sé stessi ma d'altro canto è composta da persone, giovani e adulti, che vivono in uno stato di "permanente dipendenza", in una continua e terribile frenesia del momento presente che disperde l'uomo, gli impedisce la creazione di legami stabili, durevoli nel tempo. Per stabilire un legame occorre infatti proprio il "tempo", ce lo dicono gli stessi ragazzi se abbiamo pazienza di ascoltarli. Oggi occorre vegliare, essere 'sentinelle del mattino', e lo diciamo soprattutto ai genitori: quello dei loro figli è un viaggio, un progetto di costruzione di sè stessi da fare in compagnia, mai da soli, un lungo pellegrinaggio in cui occorre essere accompagnati e i primi chiamati a esercitare questa funzione di "accompagnamento" sono proprio i genitori».
Dossier a cura di Stefano Stimamiglio