L'aborto: uno strappo nell'anima

Un recente saggio mette in dubbio il fatto che l'aborto lasci nelle donne ferite profonde e traumatiche. Un altro testo dice ben altro e gli esperti invitano a non generalizzare.

Per molte donne è un lutto da elaborare

27/03/2013

Guardare l’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg) da una angolatura diversa e mai esplorata prima, è l’intento del libro La verità, vi prego, sull’aborto di Chiara Lalli, filosofa e bioeticista.


La tesi centrale del saggio sostiene che è possibile abortire senza ripensamenti, anzi che è una vera  liberazione e  che esistono anche dati scientifici che sfatano il mito della “sindrome postabortiva”.


Abbiamo rivolto la questione alla dottoressa Luana Stripparo, specialista in Ostetricia e Ginecologia alla Fondazione IRCCS Ospedale Maggiore Policlino di Milano che ci parla della sua esperienza clinica: «Sicuramente la scelta della donna di ricorrere all’aborto è per lei in quel momento della vita, l’unica soluzione praticabile. L’esperienza che vive è però del tutto individuale sia dal punto di vista psicologico che fisico. Qualunque sia il motivo che spinge una donna ad abortire: le condizioni socio-economiche, il fallimento di un metodo contraccettivo, le circostanze in cui è avvenuta la gravidanza, per un rapporto occasionale o in assenza di una relazione stabile, per l’indisponibilità del patner ad accogliere una gravidanza, per una diagnosi di anomalia fetale o per un abuso, indubbiamente l’interruzione rappresenta un sollievo da tutte le difficoltà che avrebbe dovuto affrontare decidendo di portare avanti la gravidanza».


Per quanto riguarda la tesi della Lalli che demolisce tutti (o quasi)  gli argomenti a favore della sindrome post-abortiva e dei segni che lascerebbe un aborto, la Dottoressa Stripparo sostiene: «Per molte donne sia l’aborto spontaneo che volontario rappresentano un lutto da elaborare. Questa elaborazione dipende dal vissuto personale della donna, da fattori culturali, religiosi e ambientali che sono diversissimi per ciascuna donna e non sono generalizzabili».


Prosegue la Dottoressa: «Ritengo che l’evoluzione socio-culturale che la legge 194 ha provocato, sia stata notevolissima. In passato esisteva un muro tra obiettori e i non-obiettori mentre oggi c’è un rapporto di collaborazione fra i Centri di Aiuto alla Vita e gli operatori della 194 e si cerca di sostenere la donna qualunque sia la sua scelta. L’impegno di tutti deve essere nella direzione della consapevolezza e della prevenzione».                         


Dionisia Frediani

Orsola Vetri, Alessandra Turchetti e Dionisia Frediani
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