Affido, una proposta-provocazione

Dopo l’uscita delle Linee d’indirizzo nazionali sull’affido familiare, le associazioni dibattono se sia meglio chiudere o lasciare esistere le comunità educative.

L'Ai.Bi: svuotiamo le comunità di accoglienza

10/01/2013

Chiudere tutte le comunità educative per minori entro il 2017: è la proposta-provocazione di AiBi, Associazione Amici dei Bambini , che ha recentemente pubblicato un “Manifesto per una nuova accoglienza familiare temporanea” mettendolo a disposizione di esperti e operatori come testo di confronto e dibattito sull’argomento. Gli ultimi dati pubblicati dal Centro di Analisi e Documentazione sull’Infanzia e l’Adolescenza testimoniano che oltre 29mila minori vivono fuori dalla propria famiglia di origine. Circa la metà di essi si trova in affidamento familiare, tutti gli altri sono ospiti di comunità. AiBi, che da alcuni anni sta portando avanti la campagna “Non lasciamoli soli” per promuovere adozione e affido come risposta concreta all’emergenza dei bambini senza famiglia, individua due sostanziali criticità nel sistema.

La prima riguarda la sostenibilità economica, perché il costo per lo Stato di un minore in comunità è – mediamente – pari a 79 euro al giorno, contro i 13 euro giornalieri di un minore in affido. «Se ognuno dei 14.781 minori che oggi crescono in Comunità fosse accolto da una famiglia affidataria», sottolinea l’associazione in un comunicato, «si avrebbe un risparmio complessivo per il Sistema di Accoglienza di oltre 356 milioni di euro». La seconda criticità, sottolinea l’ente, riguarda la tendenza a trasformare l’accoglienza temporanea in una soluzione sine die. Per questo il Manifesto Aibi chiede che la durata massima dell’accoglienza sia davvero limitata a due anni, rinnovabili solo in casi straordinari, ma dopo questi scatti la dichiarazione di adottabilità del minore.

Benedetta Verrini
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