04/11/2011
Il professor Fabio Mosca, primario del reparto di neonatologia della Mangiagalli, mentre visita un bambino prematuro.
Un bambino è “prematuro” quando nasce prima della 37ma settimana. In Italia, dove ogni anno nascono 600mila bambini, 60mila di loro, cioé circa il 10%, nascono prematuri e sono quindi a rischio. È evidente che più ci si avvicina a questa fatidica soglia meno patologie il bambino rischia di avere. I problemi seri cominciano però sotto le 32 settimane: 25-30mila casi all’anno secondo le statistiche. È con bambini sotto quella soglia che il reparto di Terapia intensiva neonatale della Mangiagalli, come tutti i suoi omologhi in Italia, deve confrontarsi ogni giorno. «La soglia di sopravvivenza si sta comunque abbassando sempre più», precisa il professor Fabio Mosca. «Un neonato che nasce a 25 settimane di età gestazionale ha circa il 75% di possibilità di cavarsela. Trent’anni fa morivano tutti. Alla 24ma settimana ne sopravvive la metà, alla 23ma il 30%. Ogni giorno di età gestazionale guadagnato nella fase che va dalla 23.ma alla 25.ma settimana fa in altre parole aumentare considerevolmente la possibilità di sopravvivenza». Oltre al dato temporale, occorre però fare attenzione anche al peso: «La prematurità che più preoccupa», sottolinea Mosca, «è quella con bimbi con peso inferiore al chilo e mezzo, dato che riguarda circa lo 0,9-1% di tutti i nati, cioè 6mila casi all’anno». La soglia di rischio comincia però sotto i 2,5 chili di peso alla nascita, dato che riguarda il 6-7% dei nati.
«Sotto il chilo e mezzo, dei 6mila neonati italiani, ne sopravvive oggi circa il 90%, più al Nord che al Centro-Sud», rivela il primario. «Trent’anni fa di questi neonati ne sopravvivevano solo il 30-40%; il progresso fatto nel frattempo è notevole e infatti oggi abbiamo a disposizione nuove terapie e tecnologie». Uno dei ritrovati più efficaci non riguarda però la tecnologia ma l’umanizzazione della degenza: «Questi bambini guariscono meglio se anche i genitori collaborano fattivamente: un tempo erano quasi completamente esclusi dalle cure, oggi invece abbiamo capito che possono essere una grande risorsa». Ma anche alcuni piccoli accorgimenti, che si notano girando per i reparti, hanno segnato un cambio di passo nell’aumentare il tasso di sopravvivenza: «Prenda ad esempio i filmati sulle norme di igiene da osservare da parte di tutti in questi ambienti protetti, che mandiamo in onda con più televisori sistemati nei punti strategici», dice con una punta d’orgoglio Mosca, «sembrerà incredibile ma danno un grande aiuto nell’evitare complicazioni nella degenza».
Stefano Stimamiglio