06/06/2013
Roberto Saviano, 33 anni, vive sotto scorta da sette (Agf).
Roberto Saviano studiava il fenomeno del narcotraffico ancor prima che venisse pubblicato Gomorra. Quindi è da un decennio che indaga, consulta documenti, prende appunti. Questo lungo lavoro è stato riversato nel suo nuovo libro, Zero zero zero, edito da Feltrinelli, accolto da un grande successo. Probabilmente non esistono saggi altrettanto completi, articolati e ricchi di storie - secondo la tendenza dello scrittore a mescolare racconto e analisi - sulla cocaina. Ed è giusto riconoscere allo scrittore napoletano di aver affrontato con coraggio e determinazione una sfida difficile, dopo la clamorosa affermazione di Gomorra. Si respira una grande passione, nelle sue pagine, sulle cui ragioni profonde troverete interessanti riflessioni nell'intervista seguente.
Leggendo Zero zero zero, il lettore apprende la forza spaventosa e illimitata dei narcotrafficanti, dominatori - nei fatti e cifre alla mano - dell'economia mondiale. Si capisce come un problema che, in apparenza, non ci tocca da vicino, in realtà determina più di quanto immaginiamo il nostro destino. Come pure quello degli Stati e delle istituzioni.
Solo alla fine di un lungo percorso, nelle ultime pagine del saggio, dopo aver elaborato la più esauriente fenomenologia del traffico di cocaina che si conosca, Saviano si domanda quali siano le strategie più efficaci per contrastarlo. La sua risposta è: la legalizzazione.
Va detto subito che lo scrittore non giunge "a cuor leggero" a questa conclusione ed è del tutto consapevole delle implicazioni della sua indicazione. Lui stesso la definisce «un'opzione schifosa» sul piano morale. È dunque con sofferenza che giunge a questa conclusione.
Dal suo punto di vista, tuttavia, non esistono alternative. L'unico modo di combattere un potere tanto mostruoso e insidioso, per lo scrittore, è quello di ripetere quanto si è fatto con il tabacco: se ne legalizza il consumo, lo si pone sotto controllo e, con i ricavati, si attiva una intensa campagna di informazione. Altro modo di scardinare le trame dei narcotrafficanti, a suo avviso, non è dato.
L'opinione di don Mazzi, e di altri operatori delle Comunità di recupero, è diversa: secondo loro, solo battendo la strada dell'educazione, della formazione della persona e della prevenzione si riuscirà a debellare la strage perpetrata dalla cocaina. Certo, si tratta di un via lunga, che richiede pazienza, fiducia nell'essere umano, investimenti culturali e materiali. Ma questa è l'unica via: a questa, davvero, non c'è alternativa. La legalizzazione, al contrario, è un'illusione, un azzardo che può avere effetti devastanti.
Paolo Perazzolo
a cura di Paolo Perazzolo