Libia, parla chi ha combattuto

Feriti nelle battaglie per cacciare Muammar Gheddafi, i combattenti libici ricoverati in Italia si raccontano. E raccontano il loro futuro.

Alseddig, meglio che Gheddafi sia morto subito

25/11/2011

Alseddig Mustafa, 48 anni

- Dopo la fine di più di 40 anni di dittatura, c’è in voi la sensazione di uscire da un incubo?

    "C’è grande felicità e immensa soddisfazione; ma badi bene, non per la morte violenta del dittatore, non c’è in noi il gusto della vendetta spietata, ma solo il compiacimento per la chiusura di un’epoca drammatica in cui tutti noi abbiamo sofferto. In ogni caso, non ci interessa il modo in cui è finita, l’importante è che sia finita per sempre. Le dico che sinceramente nessuno avrebbe voluto vederlo così, è un’immagine che potrebbe screditare un popolo come il nostro che in realtà è pacifico: non si spiega perché, altrimenti, avremmo aspettato 42 anni per prendere le armi".

- Lei , prima di essere gravemente ferito agli arti inferiori, dirigeva un’unità combattente a Misurata. E' ancora in contatto con i suoi compagni d’armi? Ha avuto modo di sapere come sono andate esattamente le cose al momento della cattura?

     "Li sento tutti i giorni. L’unità che ha catturato Gheddafi era di Misurata, la mia città. I combattenti, in gran parte, non sono addestrati militarmente, non hanno una vera e propria organizzazione. Da quello che mi hanno riferito, Gheddafi è stato trovato che era già ferito, poi, poiché l’unità che lo ha preso era di Misurata, si è deciso di trasferirlo verso quella città da Sirte. Nel corso del trasferimento Gheddafi è morto".

- Lei avrebbe preferito un processo?

     "È meglio che sia morto subito. La situazione attuale è davvero molto difficile per il nostro Paese, siamo divisi in tribù e clan e la sua presenza non avrebbe facilitato le cose. Credo che da adesso in poi sia decisivo occuparci del nostro futuro e voltare definitivamente pagina. Lei faceva riferimento alle divisioni in clan, tribù; c’è poi anche il timore di una prevalenza dell’estremismo islamico. Crede che questi fattori possano pesare nello sviluppo futuro del suo paese? Gheddafi ha sempre utilizzato i clan e le tribù come una carta per dividerci ulteriormente. È vero esistono gruppi diversi in Libia, ma è anche evidente che questi gruppi abbiano trovato una grande unità nella lotta contro il dittatore e questa coesione ci guiderà a un futuro migliore. La stragrande maggioranza della popolazione, poi, è moderata, non vedo molti pericoli provenienti dal fanatismo. Non ci sono discussioni sull’unità, vogliamo un paese democratico, partiti democratici e istituzioni: tutte cose che non abbiamo mai avuto.  

Luca Attanasio
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