L'Africa che spera 1 - Di casa a Kibera

Nella più grande baraccopoli di Nairobi sorgono nuove costruzioni. Tra mille contraddizioni, è comunque un primo segnale di cambiamento.

27/08/2010
I nuovi palazzi nella baraccopoli di Kibera, a Nairobi, in Kenya (fotografie di Severino Marcato).
I nuovi palazzi nella baraccopoli di Kibera, a Nairobi, in Kenya (fotografie di Severino Marcato).

Slum di Kibera, Nairobi (Kenya)

Un milione di baraccati. Un immenso intrico di case di lamiera e viottoli puzzolenti. Una città nella città. A Kibera, la più grande bidonville di Nairobi, non c'è un solo possessore di automobili, e c'è un milione di persone che in qualche modo vivono. Ce ne sono altri 200 di slum, intorno a Nairobi, due milioni e mezzo di persone sui quattro milioni di abitanti della capitale keniana abitano nelle baraccopoli. Qui a Kibera, riguardo agli Obiettivi del Millennio, c'è tutto da fare: uscire dalla povertà estrema, poter andare a scuola, avere l'accesso alle cure mediche e ai farmaci anti-Aids, avere acqua potabile.

     Tutto da fare, o meglio quasi tutto: il Governo, in collaborazione con l'Agenzia dell'Onu per lo sviluppo (Undp), ha da poco terminato un grande lotto di palazzi con l'obiettivo di trasferire dalle baracche alle nuove case 250 mila persone. Altri due lotti di case sono in progetto. Le polemiche introno alle nuove costruzioni non mancano. C'è chi dice che in quegli appartamenti non ci sono andati i più poveri, perché l'affitto richiesto è di mille scellini al mese per stanza (circa 10 euro), mentre per una baracca si paga da 300 a 500 scellini. C'è chi dice che tanti appartamenti sono stati affittati a famiglie venute da fuori e non dallo slum.

     «La prova? – dicono – Semplice. Tra gli affittuari c'è chi ha la macchina». «Fatto sta che le case ci sono», commenta Jack Matika. «Ancora pochi anni fa era un miraggio. È comunque un segno di crescita, di emancipazione per la gente di Kibera». Jack è un operatore di Koinonia, la comunità e arcipelago di attività messe in piedi dal missionario comboniano Renato Kizito Sesana. Jack è il responsabile del “Drop in”, il centro di prima accoglienza dei bambini di strada della baraccopoli. Ogni anno, intorno a gennaio, si passa un mesetto a girare di notte per lo slum, “a caccia” di bambini di strada a cui proporre di entrare nella casa d'accoglienza, che poi educa per un anno a ritrovare una vita normale, per poi rientrare in famiglia (quando c'è) o integrarsi nelle case-famiglia di Koinonia e andare a scuola. È con lui che ci accingiamo ad attraversare Kibera per entrare in una delle nuove case: l'appartamento numero 27, palazzo “G”.  

Luciano Scalettari
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