A Barcellona vince il toro

La Catalogna ha approvato una legge che bandisce il cruento spettacolo delle corride in tutta la regione. Tra il plauso degli animalisti e le polemiche di molti spagnoli.

"Ma la tradizione taurina è parte della cultura catalana"

30/07/2010
Rafael Vallbona, scrittore e giornalista di Barcellona.
Rafael Vallbona, scrittore e giornalista di Barcellona.

«Chiariamo una cosa: i tori fanno parte della nostra tradizione». Rafael Vallbona è un osservatore acuto e attento della cultura, del costume catalano e di tutto ciò che succede in questa regione. Animo profondamente catalano, nato a Barcellona cinquant'anni fa (città della quale è innamorato) Vallbona è giornalista, scrittore, autore per la Tv, docente universitario, appassionato ciclista. Nei suoi libri ha spesso raccontato la vita della capitale catalana (come nel romanzo Grácia, l'anima di Barcellona) e ora sta partecipando a un programma per la televisione locale Carreteres segundaries, nel quale segue e presenta itinerari catalani percorsi in bicicletta.

«Ho un pensiero molto chiaro sulla questione delle corride, ma partendo da un punto di vista logico, non politico o ideologico», spiega Vallbona. «E' innegabile che la corrida fa parte della cultura catalana e chi dice il contrario mente alla storia. La plaza de toros più antica di Spagna è la plaza de Olot a Girona (che adesso è chiusa). Questo vuol dire chiaramente che la tradizione taurina in Catalogna è molto antica. Altro fatto rilevante: negli anni Venti a Barcellona c'erano ben tre arene - oltre alla Monumental, l'unica rimasta fino a oggi, ce n'era una alla Barceloneta, il quartiere dei pescatori, e un'altra a plaza de España - e tutte e tre funzionavano regolarmente. Questo ci fa capire quanto fosse grande la passione dei catalani per i tori». E fra i grandi aficionados delle corride, ricorda Vallbona, molti erano intellettuali e artisti catalani, fra loro gli scrittori Santiago Russinyol ed Eugeni D'Ors. 

«Precisato questo punto», continua Vallbona, «ora va detto che oggi il mondo si è evoluto abbastanza per arrivare a una forma di rispetto verso tutti gli esseri viventi. Credo che tutti - cristiani, musulmani, atei, agnostici... - concordino su un punto: che l'essere umano ha il dovere di rispettare sé stesso e tutto il mondo che lo circonda. La mia conclusione è che, nel XXI secolo e al punto al quale l'umanità è arrivata, una pratica come la corrida deve essere abolita. Prendere un animale e torturarlo fino alla morte davanti al pubblico è incivile. E' una tradizione, lo abbiamo detto; ma anche lo schiavismo dei secoli scorsi era una tradizione, ed è stata abolita, grazie a Dio. Non ho niente contro in toreri, sono persone che si guadagno da vivere, però la civiltà occidentale deve abolire queste pratiche».

Secondo lo scrittore, però, il Parlamento della Catalogna ha commesso un errore: andare a legiferare, e sollevare un polverone politico, su un tema che nel giro di pochi anni si sarebbe comunque consumato da solo. «In Catalogna la corrida come spettacolo stava già praticamente scomparendo. In tutta le regione era rimasta attiva soltanto la plaza Monumental, che durante l'estate si riempie di turisti; tutte le plazas de toros che negli anni '60 erano state aperte per i turisti sono state chiuse da tempo. Bastava solo aspettare ancora cinque anni, e il problema si sarebbe risolto da solo».  

 

 

a cura di Giulia Cerqueti
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