12/04/2011
Un momento delle manifestazioni contro i diritti delle donne in Bangladesh.
La difesa dei diritti delle donne va contro la legge islamica (shari'a)? Nella Repubblica popolare del Bangladesh, a maggioranza musulmana, il movimento fondamentalista Islami Oikya Jote (IOJ) ne è fermamente convinto. Tanto da indire uno sciopero generale in tutto il Paese contro il pacchetto di leggi per l'uguaglianza di genere varate dal primo ministro Sheikh Hasina.
I manifestanti sono scesi in piazza lo scorso 4 aprile, vestiti di bianco e con il Corano legato al collo: il colore, simbolo del lutto islamico, per dire che erano pronti a morire per la causa, e il Sacro Libro per non lasciar dubbi sulla loro posizione in merito alla legge. Ma forse anche per cavalcare la recente polemica, scoppiata nel mondo islamico, dopo che un pastore americano ha pubblicamente bruciato una copia del Corano, negli Stati Uniti.
Esporre il Libro alla guerriglia di strada è sembrato, a molti osservatori moderati del Paese, la plateale ricerca di un pretesto per accusare Governo e polizia di imperdonabili azioni dissacranti. Sulle intenzioni dei manifestanti, del resto, c'erano pochi dubbi: al collo portavano le parole di Allah, ma nelle mani stringevano bastoni. Lo scontro con le forze dell'ordine e' stato inevitabile: 250 feriti, centinaia di arresti e altrettanti veicoli pubblici e privati distrutti o dati alle fiamme. Questo il pesante bilancio della giornata a Dakkha, capitale del Bangladesh, ma numerosi disordini si sono registrati in tutto il Paese.
Il Governo di Hasina si trova nella difficile posizione di difendere la Costituzione, che garantisce gli stessi diritti ai cittadini senza distinzione di genere, e mantenere il rispetto della legge islamica che, in campo ereditario, prevede per la figlia femmina la metà di quello che spetta ai fratelli maschi. Sfortunatamente la shari'a, contrariamente ad altri sistemi legislativi, non può essere modificata, e quindi resta veramente poco spazio per la mediazione. Tuttavia, gran parte della società civile non solo è favorevole alla secolarizzazione intrapresa da Hasina, ma vede anche con chiarezza il pericolo del fondamentalismo religioso che rischia di precipitare la nazione nell'impasse politica ed economica del "fratello" Pakistan. Una parentela scomoda, quella pakistana, di cui il Paese porta ancora fresche le tracce.
Marta Franceschini