04/05/2010
Donne musulmane con il velo.
Naturalmente c’è il solito contorno di sciocchezze, il solito spettro di “una città piena di burqa” che avrebbe un senso forse a Kabul mentre nel basso Piemonte fa ridere i polli. Ma il provvedimento con cui i vigili urbani di Novara hanno notificato una multa da 500 euro a una donna musulmana che indossava il burqa (cioè il velo integrale che nasconde il viso e il capo) nei pressi di un ufficio postale merita un solo aggettivo: sacrosanto.
Ormai tutti dovrebbero sapere che dal 1975, cioè dagli Anni di Piombo, è in vigore una legge che impone la riconoscibilità del viso. In più, il sindaco di Novara aveva emesso negli ultimi mesi del 2009 un’ordinanza che vieta “in tutto il territorio comunale, nelle aree pubbliche ed aperte al pubblico nelle vicinanze di scuole, asili, università, uffici pubblici e all’interno degli stabili che sono sede di dette istituzioni… di indossare abbigliamento atto a mascherare o travisare il volto delle persone”. La donna di Novara si trovava nei pressi di un edificio pubblico, quindi…
I casi di questo genere si vanno moltiplicando, in Italia e in Europa (ne diciamo negli altri articoli di questo Dossier) e sono sempre più numerosi i comuni che prendono provvedimenti simili a quello novarese. Nell’autunno del 2009 a Pieve di Soligo (Treviso), una cliente di un supermercato aveva protestato contro un’altra cliente che indossava appunto il burqa. Ancora in Veneto, a Montegrotto Terme (Padova), il sindaco aveva emesso un divieto all’uso del velo integrale. In molti di questi comuni non si sono mai viste donne musulmane con il burqa indosso, oppure si sono avuti pochi e rari casi. Resta però fondamentale il principio del rispetto della legge, che vale anche per gli italiani che si recano all’estero, in Paesi con le più diverse culture. Uno di noi colto a consumare alcolici in Arabia Saudita non si stupirebbe (e comunque, non avrebbe diritto a stupirsi) se il suo comportamento fosse sanzionato dalle autorità locali. Né possiamo dimenticare che il burqa non è un simbolo o un attributo religioso, come alcuni ancora pensano, ma solo il frutto (retrivo) di una tradizione sì antica ma praticata in una porzione piuttosto ristretta del mondo islamico.
Parlare di razzismo, dunque, non ha senso. Ha più senso, invece, controllare che la legge del 1975 sia fatta rispettare in modo serio e totale. Non si va in giro con il burqa ma nemmeno con il casco della motocicletta, per esempio, cosa che nelle nostre città accade spesso. Un caso recente: un collega giornalista viene scippato della borsa contenente anche i documenti e il portafoglio. Se ne occupano i carabinieri e scoprono che mezz’ora dopo un tizio coperto dal casco ha provato (per fortuna senza successo) a prelevare con il bancomat del collega. Se avesse incontrato un vigile novarese forse il ladro ora sarebbe dove merita: in galera.
a cura di Giulia Cerqueti e Fulvio Scaglione