04/12/2011
Ramzan Kadyrov, presidente della Repubblica di Cecenia.
Le proteste che stanno
ridisegnando la mappa del potere nel mondo arabo finora non hanno investito il
Caucaso, la regione della Federazione Russa a maggioranza musulmana dove,
dalla digregazione dell'Urss, Mosca ha avuto parecchi problemi.
Le cronache occidentali
hanno raccontato soprattutto della Cecenia e delle azioni terroristiche di
Shamil Basayev, protagonista del sequestro del teatro Dubrovka nel 2002 e della
strage di Beslan nel 2004, quando morirono 186 bambini. Ma secondo Boris
Nemtsov, che a fianco dell'allora presidente Boris Eltsin visse in presa
diretta la prima guerra cecena, a spaventare maggiormente il Cremlino ora sono
altre repubbliche caucasiche.
“Diciamo, innanzitutto, che il Caucaso de facto
non è parte della Russia, visto che lì le leggi russe non vengono applicate e
la Costituzione è costantemente violata. In generale penso che tutte le
repubbliche del Caucaso siano territori potenzialmente esplosivi, ognuna di
queste può portare a uno strappo violento. In questo momento il terrorismo meno
controllabile è però in Daghestan. Al secondo posto, in ordine di pericolosità,
metto l'Inguscezia, ma si stanno incendiando anche la Repubblica di Kabardino-Balcaria e quella di Karačaj-Circassia. Insomma, questo fuoco del
terrorismo ormai si è esteso in tutto il Caucaso: tutto è ugualmente
pericoloso, tutto ugualmente imprevedibile e incontrollato. E le autorità non
sono per nulla capaci di vincere il terrorismo”.
L'esempio da non seguire, secondo Nemtsov, è
proprio quello della Cecenia: “Lì già ora vigono le leggi della shari'a: se una
donna si mostra senza il velo è soggetta a persecuzione. Quindi il Caucaso lo
abbiamo già di fatto perso. Noi lo sovvenzioniamo, diamo loro tra i 6 e i 7
miliardi di dollari all'anno, ma nonostante questo, una volta ricevuti i soldi,
i dirigenti della zona fanno quello che vogliono. Quindi in effetti lì non c'è
già più il governo russo. Il ritiro delle truppe federali da quell'area e
l'appoggio all'entourage di Razman Kadyrov hanno dato luogo a una situazione
fuori controllo”.
Nonostante questo, secondo Nemtsov, per il Caucaso non è
ancora il tempo della ribellione popolare nei confronti di Mosca. Il motivo? La
paura. “Nel Caucaso", spiega il politico russo, "si sono stabilite le dittature
più feroci e solide. Putin al confronto di Kadyrov è un liberale. E la
popolazione è spaventata. Molti ricordano ancora le repressioni contro
l'opposizione, l'omicidio di Natalia Estemirova, il rapimento e l'uccisione di
Magomed Evloev in Inguscezia, le repressioni contro l'opposizione in Daghestan.
Le persone vivono in una condizione di costante paura e, con ogni probabilità,
non è ancora arrivato il momento per azioni pubbliche. Ma quel tempo arriverà”.
Stefano Vergine