L'Italia del Monte di pietà

Il Monte di pietà è l'ultima risorsa prima dell'usura per tanti italiani in difficoltà. E all'ombra della crisi prospera la vendita dell'oro di famiglia.

I signori del "Compro oro"

24/01/2012

Il raggiro più diffuso è la bilancia truccata. I “signori” dell’oro usato sono gentili, affabili.
E non hanno mai fretta, almeno all’inizio. Ma se non siete più che esperti, informati e attenti, il vostro oro, quello di famiglia, che volete o dovete vendere, finisce per valere la metà in un colpo solo. Alcuni, i più spregiudicati, fanno così: mettono una specie di spugna, uno strato sottile, sul fondo dei piatti della bilancia di precisione. Chiamala precisione. Una foglia di spugna, quasi trasparente, che però “alleggerisce” l’oro, porta via quasi il 50% del valore economico del metallo, perché quello affettivo l’ha già rubato la crisi, il bisogno di fare cassa, l’angoscia di non arrivare alla fine del mese.

     “Compro oro in contanti”. Sono classici gioiellieri che hanno già o richiedono la licenza
per la compravendita dei metalli preziosi. Oppure, sempre più spesso, sono dei “buchi”,
a occhio non più di 15 metri quadrati, compreso il retrobottega. Suonate, entrate, vi trovate davanti un vetro blindato, dall’altra parte un signore dalle maniere garbate che va al sodo: «La prego, cosa mi ha portato?».

     Tutto intorno, in questi bugigattoli dove comprano e spesso vi “rubano” gli ultimi ricordi pagandoli cash, non c’è nulla di esposto, nulla che luccichi, che possiate desiderare. Non serve: voi siete lì per vendere, non per acquistare. La percezione, netta, è che questi “Compro oro” siano fatti per tenervi lì il più breve tempo possibile, farvi una valutazione, sperare che siate abbastanza alla canna del gas per accettarla, contare davanti a voi le banconote, passarvele attraverso il vetro blindato e tanti saluti.

     Spuntano come funghi, in città e in provincia. Annusano l’odore della crisi che morde famiglie e anziani. Noi di Famiglia Cristiana abbiamo provato a visitarne alcuni in incognito. Avevamo con noi 4 monete, 38,8 grammi pesati con precisione prima di partire, oro a 18 carati, 750 per intenderci, il più comune, quello della maggior parte dei gioielli, perché quello purissimo, a 24 carati, è poco diffuso.

     Prima verifichiamo la quotazione del giorno su www.compro-oro.org: a metà agosto 2011 il 18 kt valeva circa 27,38 euro al grammo; il 24 kt 37,34 euro. Il 2 gennaio 2012, all’apertura dopo Capodanno, l’oro 18 kt lo pagavano 25,10 euro al grammo; il 24 kt, circa 34,58 euro. Ci spiega un gioielliere di fiducia: «Chi compra l’oro usato dovrebbe segnare su un registro il passaggio dei contanti, procurarsi i dati di chi vende, fotocopiare il documento, descrivere forma e tipo degli oggetti ritirati. Poi rilasciare una bolla. Se è tutto regolare, chi ritira l’oro usato lo porta al laboratorio di fusione e si va avanti di bolla in bolla. Altrimenti, se c’è qualcosa che non va, si va avanti di nero in nero».

     Michele Sinigaglia, 1° dirigente della Polizia amministrativa alla Questura di Milano, conferma: «Il rischio che corrono questi commercianti è alto: al di là della sanzione, possono vedersi revocare la licenza. Le infrazioni più frequenti: non annotano il tipo di compravendita e fanno l’acquisto senza verificare l’identità del venditore. Per le ragioni più varie: spesso chi vuole sbarazzarsi dell’oro in questi negozi l’ha rubato e fa della piccola ricettazione; oppure il commerciante che non segue la procedura riesce a fare del “nero”. Quello che verifichiamo è che spesso il registro non
è compilato. E ritiriamo le licenze».

     Ma i “signori” dell’oro usato non si spaventano. Ci mettiamo in movimento. Attraversando viale Lunigiana, a Milano, ecco una vetrina interessante: “Compro oro in contanti”, fuori c’è il prezzo, l’esca per chi ha l’acqua alla gola: 26 euro al grammo, uno più della quotazione sul Web quel giorno. Forse è un affare. Entriamo. Non c’è la bilancia di precisione, c’è quella digitale, ma per tutta la contrattazione non viene mai rivolta verso di noi “venditori”. Sfregano le monete, le controllano una a una, infine le pesano. Responso: solo 38 grammi. Continuiamo a non vedere il display: chiediamo espressamente che la bilancia sia girata verso di noi.

     Un rapido calcolo: 38 grammi, per 26 euro al grammo, fa 988 euro in contanti. Ma non è così. Ecco la sorpresa: «Non glielo posso pagare 26 euro al grammo». «Perché?», chiediamo. «Perché non è oro puro, posso pagarle 14 euro al grammo: dobbiamo farlo fondere, togliere le impurità, la quantità d’oro che rimane è più bassa». Ribattiamo: «Ma fuori c’è scritto 26 euro al grammo». Risposta: «Sì, 26 euro al grammo se è oro puro, a 24 kt».

     Usciamo dal bugigattolo con un brivido: se qualcuno avesse davvero avuto bisogno di vendere quell’oro, avrebbe preso 532 euro anziché 988. Ci spostiamo in un altro punto di Milano, piazzale Loreto. Entriamo: qui il prezzo è 25,10 euro al grammo per l’oro a 18 kt. Chiediamo subito: «Il peso viene moltiplicato per questa cifra, senza togliere nulla?». Il secondo “Compro oro” conferma: «Sì, 25,10 è il prezzo per il 18 kt». Pesa il metallo: la bilancia è tradizionale, ma la pesata conferma: 38,8 grammi d’oro. Pagamento in contanti, circa 880 euro. Per chiudere l’affare servono carta d’identità e codice fiscale. Ci spiegano che il nostro oro deve rimanere dieci giorni fisicamente dentro il negozio, potrebbero esserci segnalazioni di furti e tentativi di ricettazione.

     Anche qui sono pronti a pagarci in contanti, al peso giusto, al prezzo “giusto”. Ma
nessuna traccia del registro rilasciato dalla Questura. E la descrizione, obbligatoria,
delle nostre quattro monete d’oro?

Pino Pignatta

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