09/08/2010
La contaminazione per le strade di Akokan, e presumibilmente in altre zone del circondario, è causata dalla folle idea di “riciclare” gli scarti delle miniere di uranio per la costruzione delle strade e delle case: un modo comodo e poco costoso per smaltire scorie radioattive. Ai livelli di radioattività rilevati da Greenpeace, basta stare fermi un’ora al giorno in queste strade per assorbire il massimo della dose annua ammessa dalla Commissione Internazionale per la Radioprotezione.
Adesso Areva ha ricominciato a pulire i siti indicati da Greenpeace ma ovviamente l’affidabilità dei padroni del nucleare francese è ai minimi storici: quelle strade erano state già bonificate due anni fa, con tanto di conferma del Ministero delle Miniere del Niger.
Non solo, in 40 anni di attività sono stati utilizzati 270 miliardi di litri di acqua contaminando la falda acquifera: saranno necessari milioni di anni per riportare la situazione allo stato iniziale.
Anche nelle polveri sottili, che entrano in profondità nell'apparato respiratorio, la concentrazione di radioattività risulta aumentata di due o tre volte.
«I tassi di mortalità legati a problemi respiratori sono il doppio che del resto del Paese. Ogni giorno che passa siamo esposti alle radiazioni mentre Areva fattura centinaia di milioni di dollari grazie alle nostre risorse naturali» dice Almoustapha Alhacen, della Ong locale Aghir in’Man.
Il rapporto di Greenpeace “Uranium mines in Niger, radioactivity in the streets of Akokan”: www.greenpeace.org/raw/content/international/press/reports/briefing-radioactivity-in-ak.pdf
Il rapporto di Greenpeace “Left in the dust” (in italiano):
www.greenpeace.org/raw/content/italy/ufficiostampa/rapporti/niger-areva.pdf
Dossier a cura di Gabriele Salari