04/08/2011
Un momento del maxisbarco a Lampedusa del 22 giugno 2011, di 840 migranti, tra cui 117 donne e 28 minori, tutti stipati su una sola imbarcazione in avaria.
E in Italia? Siamo immuni da tale follia? L’Italia dove la disoccupazione giovanile ha superato il 25%, le famiglie “medie” ormai faticano ad arrivare a fine mese, le strutture pubbliche sono pesantemente inefficienti e dove la diseguaglianza sociale si sta incrementando ogni giorno di più. Un paese che ha scritto una tra le più belle Costituzioni del mondo che ci troviamo a dover difendere, incredibilmente, proprio da una certa parte del mondo politico che vede in essa l’impedimento al raggiungimento dei propri scopi personali… Un bell’esempio di democrazia!
Può un paese così accogliere i “barconi” pieni di gente disperata? E chi sono costoro che approdano nel nostro Paese? “Immigrati clandestini” da ricacciare indietro secondo alcuni, “profughi” da aiutare secondo altri; da cristiani diremmo semplicemente persone ai margini della disperazione.
E da dove vengono tutte queste persone? Per lo più da vaste aree del territorio arabo-africano, grosso modo le medesime che i cosiddetti paesi colonizzatori, cioè noi europei, hanno occupato in un passato ancora recente. Sono i discendenti di coloro ai quali abbiamo rubato risorse, depredato ricchezze, a cui abbiamo condizionato lo sviluppo sociale e la stessa capacità di autogoverno.
E non ci siamo realmente fermati nel perpetrare questo scempio. I governi occidentali, anche al di là degli interessi economici che ancora li legano a questi paesi, hanno finanziato “missioni umanitarie” ed approntato programmi di aiuti, che spesso hanno finito per foraggiare dittatori e gruppi di potere locali oltre che i soliti gruppi di potere economici occidentali.
E cosa fanno da secoli i popoli affamati che non trovano futuro nel proprio paese? Emigrano! Con ogni mezzo, per raggiungere la meravigliosa realtà mostrata dai nostri mezzi di comunicazione, con immagini patinate che sono virtuali, ma che ci sforziamo di far sembrare a tutti i costi vere; sfidano così ogni pericolo pur di raggiungere ciò che credono sia “l’Eldorado”.
Ma quando arrivano si scontrano con una realtà ben diversa. Non vengono accolti come pensavano, non trovano lavoro né un posto decente dove dormire; vengono guardati con sospetto, ritenuti criminali “a priori”, e purtroppo in certi casi lo diventano. Molti di loro più che essere musulmani sono di cultura musulmana, non sono affatto integralisti spesso neppure praticanti; tuttavia in tale situazione di isolamento e ghettizzazione trovano nei gruppi religiosi dei loro paesi di origine aggregazione, conforto e in qualche caso l’unico ausilio.
E noi che abbiamo lottato ed ancora lottiamo in molte parti del mondo affinchè la libertà religiosa, nel rispetto delle leggi delle nazioni, sia garantita a tutti, giustifichiamo chi vuol negarla ai fedeli di altre religioni. Io da uomo che ha conoscenza delle forze dell’ordine asserisco che, peraltro, al di là del principio etico sono più controllabili le moschee alla luce del sole, che i sottoscala dove le riunioni sono rese clandestine.
Nella medesima società coesistono e si incrementano i sentimenti di rabbia di queste masse di “delusi” relegati ai margini della collettività, ed i sentimenti di ribellione di chi ha ormai perso fiducia nella democrazia e intravede nella rivolta violenta l’unico mezzo per contrastare le ingiustizie sociali; ed a questi si contrappongono, e nel contempo si sommano, le ideologie di tanti latenti Brevnik.
Roberto Jucci