Dossier - E la Romania si svuota

Viaggio nel Paese con uno dei piani di austerità più duri e contestati d’Europa. Con 2,77 milioni di cittadini pronti a fare le valige. Prima destinazione: l'Italia.

Maria, l'inferno italiano di una giovane rumena

04/05/2011
Don Alexandru Cobzaru, direttore della Caritas di Bucarest e vicepresidente della Caritas Romania.
Don Alexandru Cobzaru, direttore della Caritas di Bucarest e vicepresidente della Caritas Romania.

Quattro anni fa a Maria sembra presentarsi l’occasione di una vita, di quelle da non farsi scappare: dopo il diploma e un corso di specializzazione in informatica, un amico d’infanzia e la moglie l’aiutano a trovare un lavoro in Italia adatto ai suoi studi. C’è poco da pensarci su, anche perché la coppia anticipa il costo del biglietto aereo, che Maria - il nome è di fantasia – potrà ripagare col primo stipendio. E così la giovane 27enne parte da una grande città romena piena di sogni da realizzare. Peccato che i vicini abbiano in mente qualcosa di diverso per lei.


Arrivata a Milano, l’amico diventa aguzzino: la rinchiude in un appartamento dove trova altre tre donne romene, le requisisce il passaporto, la violenta e la picchia, rompendole tre denti. «Se non ubbidisci ti vendiamo agli albanesi», è la minaccia. E così Maria si ritrova sui marciapiedi della metropoli lombarda per una quindicina di lunghissime notti. È tenuta sotto controllo continuo e in casa non deve volare una mosca per evitare che i vicini sospettino qualcosa. E per sé non può tenere neppure un euro. Nel frattempo, però, un’operatrice dell’associazione Papa Giovanni XXIII si offre di darle una mano. Intimorita dai suoi “carcerieri”, Maria rifiuta. Fino a quando, una notte, un cliente la minaccia puntandole una pistola contro.

È allora che decide di accettare l’aiuto. Denuncia i suoi sfruttatori, viene portata in una casa protetta di Bologna, visitata da un medico e dopo un mese può tornarsene a casa. Questa, purtroppo, non è una storia di fantasia. Come ha confermato la sentenza definitiva di un tribunale romeno, che ha condannato lo sfruttatore a sette anni di reclusione. La donna è tornata nella propria città, ma ha dovuto cambiare quartiere perché tutti ormai sanno che è stata una prostituta. «Il suo è un caso piuttosto comune», spiegano due psicologhe di Adpare, un’associazione di Bucarest che si prende cura delle vittime della tratta.

«Accade spesso che siano persone che conoscono bene le ragazze, e che quindi hanno la loro fiducia, a farle cadere in trappola». Di solito, però, passano molti mesi prima che la donna riesca ad uscirne e in alcuni casi trascorrono anni. L’età media delle vittime è di 18-25 anni, ma capita che siano reclutate anche delle minorenni. Nel 2009 le autorità romene parlano di 780 vittime della tratta identificate. Un dato che sembrerebbe lasciar ben sperare: nel 2006 erano 2.285, nel 2007 1.780 e 1.240 nel 2008. Ma secondo le operatrici queste cifre non rispecchiano la realtà.

Una cosa, comunque, è certa: l’Italia è la prima destinazione delle donne romene obbligate a prostituirsi. «Questo accade sia perché sono più richieste, sia perché per un romeno è più facile parlare italiano», spiega don Alexandru Cobzaru, direttore di Caritas Bucarest e vicepresidente di Caritas Romania. Secondo il sacerdote, l’unico modo per far diminuire questo fenomeno è che i due Stati lavorino insieme. «In Italia dovete far sì che la richiesta diminuisca», dice, «mentre in Romania dobbiamo convincere le ragazze a non dar retta a facili promesse».

Marco Ratti
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