21/02/2011
OCCASIONI PER TUTTI
Chi ha venduto alla Libia le armi con cui il Colonnello oggi fa
ammazzare centinaia di civili? Dal 2003, cioè da quando il Rais ebbe
l'illuminazione e trascinò la Libia tra le nazioni di nuovo gradite
all'Occidente, c'è stata la corsa verso Tripoli degli armigeri di ogni
parte del mondo, finalmente liberi di commerciare con il dittatore di
una potenza petrolifera dopo tanti anni di blocchi ed embarghi. Lui,
Gheddafi, non ha tradito le loro aspettative: oggi la Libia, con solo 6,5 milioni di abitanti, è il quarto importatore di armi dell'Africa Settentrionale, con una spesa annua di oltre 400 milioni di euro.
Un reparto dell'esercito del Rais.
COOPERAZIONE E AMICIZIA
Tra i più
svelti, com'è tradizione, ci siamo noi italiani. Il primo colpo lo
mettemmo a segno già nel 2006, vendendo all'esercito libico 10
elicotteri per un importo di 80 milioni di euro. L'articolo 20 del
Trattato
di
cooperazione e amicizia firmato nel 2008 prevede "un forte e
ampio partenariato industriale nel settore della Difesa e delle
industrie militari". In quello stesso anno il fatturato delle fabbriche
d'armi italiane con la Libia era già di 93,2 milioni di euro (56,7
l'anno prima), somma che faceva del Paese africano il nostro nono
miglior cliente. Importante anche l'accordo siglato il 28 luglio 2009
tra
Finmeccanica
e Lybian Investment Authority (il fondo sovrano
libico) per una
joint venture destinata a operare in tutto il
Medio Oriente nel settore della Difesa.
Noi svelti, sì, ma i russi grossi. Così, dopo essere passato da Roma,
nel 2008 Gheddafi volò a Mosca per incontrare il presidente russo
Medvedev. Tenda piantata entro le mura del Cremlino, la promessa di una
base d'appoggio per le navi russe nel Mediterraneo e un po' di shopping
militare: aerei, missili e carri armati per quasi 1,5 miliardi di euro.
Devono essersi trovati bene perché non sono mancate le repliche: nel
2009, 730 milioni di euro spesi da Gheddafi soprattutto in caccia
Sukhoi; nel 2010, 1,3 miliardi di euro per i soliti aerei e carri armati
ma anche per sofisticati sistemi d'arma per la difesa antiaerea.
LA MISSIONE DI CARLA BRUNI
Non male neppure la Gran Bretagna, che solo in queste ore ha
bloccato le licenze per l'esportazione di armi in Libia e in Bahrein:
240 milioni di euro di armi al Rais nei soli primi 10 mesi del 2010. E
la Francia? Ricordate nel 2007 il caso delle cinque infermiere
bulgare arrestate e condannate a morte in Libia, la folgorante missione a
Tripoli di Carla Bruni Sarkozy, la liberazione delle infermiere e
gli applausi del mondo? Bene. Una settimana esatta dopo la liberazione
delle poverette, Sarkozy firma con il Rais una fornitura di armi
francesi per il valore di 300 milioni di euro. Tra Francia e Libia sono
poi seguiti altri accordi (centrali nucleari e di nuovi ordigni di
distruzione). Ma quello siglato con l'aiuto della Bruni passerà comunque
alla storia. Se non altro, per eleganza.
E per finire, gli Usa. Nel 2008 l'azienda americana General Dynamics
ha firmato un contratto da 150 milioni di euro per fornire alla Libia i
più moderni sistemi di comunicazione. L'attrezzatura era destinata in
particolare alla Seconda Brigata d'élite, un corpo scelto agli ordini
di Khamis Gheddafi, uno dei figli del Rais. La Seconda Brigata è
stata impegnata nella repressione delle proteste nella città di Al
Bayda, dove ci sono state decine di morti.
Fulvio Scaglione