07/03/2011
Ribelli combattono contro le forze fedeli al Colonnello Gheddafi.
La rivolta contro il regime del colonnello Gheddafi, al potere dal 1969, è molto diversa da quelle che nelle scorse settimane hanno scalzato dal potere il presidente tunisino Ben Ali e il presidente egiziano Mubarak. Non è una ribellione alimentata da Facebook e da Twitter, ma un conflitto sanguinoso che vede in campo diversi protagonisti: le forze ribelli, i militari lealisti fedeli a Gheddafi, gruppi di mercenari provenienti da diverse regioni dell'Africa, clan tribali, probabilmente anche elementi legati ai gruppi terroristici di Al Qaeda.
In queste ultime ore si sono fatti sempre più intensi gli scontri armati
fra le forze leali al colonnello Gheddafi e i ribelli che nelle scorse
settimane avevano conquistato le zone orientali del paese. Le truppe
pro-Gheddafi hanno riconquistato la città costiera di Bin Jawad e
avanzano verso Est in direzione del porto petrolifero di Ras Lanuf,
ancora in mano ai ribelli. Si combatte furiosamente anche attorno alla
città di Misurata, nella parte occidentale della Libia, dove le truppe
governative hanno attaccato facendo uso di carri armati e colpi di
artiglieria.
Misurata, 300 mila abitanti, è la più grande città controllata dai
ribelli al di fuori delle loro roccaforti orientali. «Qui ci sono
persone ferite e morenti che hanno assolutamente bisogno di un aiuto
immediato, chiediamo alle autorità di farci entrare in città per salvare
vite», denuncia Valerie Amos, coordinatrice degli interventi di
soccorso gestiti dall'Onu. Il medico di un ospedale locale ha raccontato
alla Bbc di aver visto almeno 21 morti e un centinaio di feriti.
Secondo le Nazioni Unite, dopo tre settimane di battaglie i morti in
Libia sono un migliaio. Sarebbero invece 200 mila le persone fuggite in
queste settimane dal paese nordafricano.
Un campo profughi in Tunisia, a parecchi chilometri dal confine con la Libia.
La loro fuga dalla guerra civile ha determinato una crisi umanitaria al
confine fra la Libia e la Tunisia. Nella prima mattina di lunedì è
arrivata nel porto di Bengasi la nave “Libra”, un pattugliatore della
Marina Militare italiana carico di 25 tonnellate di aiuti mandati dalla
cooperazione allo sviluppo del ministero degli Esteri.
Dopo le sanzioni approvate i giorni scorsi dall'Onu a danno di Gheddafi e
dei suoi familiari e collaboratori (congelamento dei conti all'estero,
blocco dei visti e deferimento alla Corte penale internazionale) la
comunità internazionale sta valutando quali altre misure prendere
contro Gheddafi.
Si discute ancora se imporre una no-fly zone sui cieli della Libia, per
impedire al Colonnello di far decollare i suoi aerei e bombardare i
ribelli. Ma il ministro alla difesa Usa Robert Gates è molto cauto.
Imporre il blocco dei voli dell'aviazione libica implica un intervento
militare diretto in Libia e gli Stati Uniti, dopo l'Iraq e
l'Afghanistan, non hanno alcuna voglia di impantanarsi nella guerra
civile di un altro paese musulmano.
Roberto Zichittella