Se Barbiana scrive al Quirinale

I ragazzi di Barbiana lanciano a Giorgio Napolitano un appello per la democrazia.

14/04/2011

Un'altra lettera, 44 anni dopo Lettera a una professoressa, non sulla scuola ma sullo stato della democrazia nel nostro Paese, oggi. Destinatario Giorgio Napolitano, presidente della Repubblica italiana. Una lettera (in allegato) dura quanto Lettera a una Professoressa, nello stile di allora, firmata dai ragazzi di don Milani.

Vi si legge, tra le altre cose, parlando della lezione di don Milani: «Nella Lettera ai giudici, giunse a dire che il diritto - dovere alla partecipazione deve sapersi spingere fino alla disobbedienza: “In quanto alla loro vita di giovani sovrani domani, non posso dire ai miei ragazzi che l'unico modo d'amare la legge è d'obbedirla. Posso solo dir loro che essi dovranno tenere in tale onore le leggi degli uomini da osservarle quando sono giuste (cioè quando sono la forza del debole). Quando  invece vedranno che non sono giuste (cioè quando avallano il sopruso del forte) essi dovranno battersi perché siano cambiate”. Questo invito riecheggia nelle nostre orecchie, perché stiamo assistendo ad un uso costante della legge per difendere l'interesse di pochi, addirittura di uno solo, contro l'interesse di tutti».

Clicca qui e scarica la lettera"
E' una lettera che fa nomi e cognomi, che chiede al Presidente della Repubblica un intervento deciso e che assume un peso particolare in questi giorni, in cui, le famiglie delle vittime del terremoto dell'Aquila, della tragedia della Moby Prince e della strage di Viareggio protestano contro la legge sul processo breve. Norma che, a detta di molti esperti, rischia di far cadere prima della sentenza 15.000 processi. Una lettera che denuncia il grave conflitto di interessi che da anni attanaglia il Paese.

Si può convenire o dissentire dall'appello degli ex ragazzi di Barbiana. Ma non si può non pensare al fatto che questa lettera è il prodotto di una lezione da imparare. La lezione di don Milani sulla lettura critica dei mezzi di informazione, applicata ogni giorno alla sua scuola e, affidata alla Lettera a un predicatore, negli anni Cinquanta, ai tempi della scuola popolare fondata da don Milani a San Donato a Calenzano.

«Ora, - si legge nella Lettera a un predicatore - una sera, incontrai don Lorenzo e mi disse: “Per di­fendersi gli operai da tutti, anche dai preti, ci vuole istruzione. Io gli risposi che mi garbava anche a me, perché in officina c’è uno che ha fatto l’avviamento e ci cheta tutti; e così si fissò che andavo a scuola dopo, cena. Anzi si andò diversi e don Lorenzo senza tanti complica­menti ci disse: “Ragazzi io vi prometto davanti a Dio che questa scuola la faccio soltanto per darvi l’istruzione e che vi dirò sempre la verità d’ogni cosa, sia che faccia comodo alla mia ditta sia che le faccia disonore”. Io dissi dentro di me: “Si starà a vedere. Ma se entra di politica si vien via”. Passarono diversi mesi e di politica non era mai entrato. Un giorno c’entrò un ragazzo democristiano, noi gli si ri­spose e nacque un putiferio. Allora don Lorenzo montò sul tavolo e disse: “Parlate uno alla volta e io v’aiuto a dirla bene”. E noi ci si stette. E si rimase, perchè dava contro al governo e contro ai democristiani e contro a noi. E noi gli si disse: “E allora chi ha ragione?”. E lui disse: “Bischeri! La verità non ha parte. Non c’è mica il monopolio come le sigarette!”. E i democristiani rimasero male più di noi. Insomma io ci feci amicizia, perchè lui faceva le parti giuste ed era contro tutti e spregiava i giornali dei preti e l’Unità allo stesso modo e ci insegnava a pensare con la nostra testa».

Ecco appunto, pensare con la propria testa, farsi un'idea, provare a capire. Confrontare fonti. Un lavoro faticoso, che in Italia si fa poco. Si vendono 4,6 milioni di copie di quotidiani al giorno. Significa che, al netto dei bambini e di quelli che si passano in famiglia lo stesso giornale, almeno 40 milioni di persone, anche istruite, fanno a meno della lettura di un giornale. Magari origliano dalla Tv, una notizia qua, una là, e prendono tutto per buono, senza chiedersi da dove arriva la notizia, a chi fa gioco raccontarla in un modo o in un altro, se chi controlla quella fonte di informazione per caso non stia anche al Governo.

E' un lavoro faticoso informarsi, ma è il sale della democrazia. Chi non sa non può scegliere, può al massimo accodarsi a scelte preordinate da altri. Don Milani aveva ragione. La verità non ha parte, ma esiste e mettersi nella condizione di pensare con la propria testa vuol dire fare uno sforzo per riconoscerla tra le voci dissenzienti. Senza questo sforzo si corre il rischio che non sia il consenso a conferire il potere (come deve avvenire in democrazia), ma che sia il potere a pilotare il consenso (come accade nelle dittature). Dove l'opinione pubblica non è vigile, la democrazia e il suo rovescio hanno il confine incerto. E la lezione di don Milani ci dice che non lo dobbiamo dimenticare.

Elisa Chiari
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Postato da dino avanzi il 15/04/2011 18:13

La grande lezione di don Lorenzo ha attraversato un' epoca; oggi più che mai ritorna necessaria la sua testimonianza, che si esprime attraverso l'azione dei suoi allievi. E' comunque la lotta di Davide contro Golia (visti i mass-media del Berlusca), ma ci consola il fatto che Davide ha battuto Golia.
Dino 51

Postato da Oddo Filippo il 15/04/2011 07:00

Ho scaricato la lettera dei " ragazzi di Barbiana " e ne ho fatto diverse copie. Noi cattolici ci dobbiamo dare da fare o restare indifferenti ? Mi do da fare nel mio piccolo: alcune copie che ho scaricato le farò avere ad amici e conoscenti, altre le inserirò nei parabrezza delle auto come si fa per la pubblicità.
Filippo Oddo

Postato da ironyman il 14/04/2011 20:23

La lezione di Don Milani è oggi, di estrema attualità. La democrazia non sarà mai compiuta se il comune cittadino non sarà messo nella condizione di acquisire, attraverso l’analisi critica della realtà, quel grado di consapevolezza che lo rendono realmente “libero” e cioè capace di esprimere una scelta autentica e non condizionata, frutto del suo pensare. E dunque questa la lezione di vita che più premeva a Don Milani. Fornire le basi culturali per poter permettere ai suoi ragazzi di capire la realtà intorno e pensare con la propria testa, senza farsi influenzare da ideologie, e poter così distinguere la verità e scegliere secondo giustizia, gettando il seme per sconfiggere la povertà e l’emarginazione sociale. Confrontare fonti diverse e saper valutare è effettivamente il sale della democrazia ma la lezione di Don Milani è rimasta perlopiù incompresa. Don Milani si dedicava a far sviluppare nei suoi ragazzi il desiderio di ricerca della verità attraverso l’analisi critica delle informazioni: Per questo leggeva i giornali con loro e li commentavano insieme Oggi giornali e libri quasi non si leggono più e le convinzioni politiche si formano attraverso il messaggio televisivo che ci presenta una realtà fatta di diverse proposte già belle pronte e confezionate e noi non abbiamo bisogno di aggiungere ulteriore fatica a quelle quotidiane, ci basta scegliere quella che ci è più conveniente e congeniale senza starci ad arrovellare il cervello per capire chi l’ha ideata e per quali arcane ragioni, né se corrisponda a criteri di verità e giustizia. Se non si conosce la realtà o non si dispone dei mezzi per capirla si diventa preda della propaganda di regime che oggi si esprime attraverso i mezzi di persuasione occulta e finisce per influenzare e condizionare a tal punto le coscienze da renderle cieche ed alla sua mercè. Di tal modo la democrazia diviene un concetto svuotato di ogni significato, un sistema di regole formali senz’anima e il sopruso e la sopraffazione hanno il sopravvento sull’ignoranza. La mia speranza è che la Chiesa intera recuperi lo spirito milaniano, scuoti le coscienze e le risvegli dal torpore in cui sono sprofondate. Una assunzione di responsabilità di fronte alle scelte da fare nella vita, seguendo il motto milaniano (di evidente attualità) per il quale ognuno deve agire come se si sentisse responsabile di tutto, in sintonia con la propria coscienza. Una coscienza non narcotizzata né addomesticata, ma maturata nella consapevolezza del cittadino non più suddito, ma sovrano. Questa, in sintesi, la lezione che don Milani continua a dare ai giovani. Rispolverando vecchie letture mi sono imbattuto di recente in un testo di Don Milani “Esperienze pastorali” in cui ho riscoperto riflessioni Illuminanti ed incredibilmente attuali. Ne cito qualche passo. I vecchi raccontano che a tempo loro quelli che leggevano il giornale si contavano sulla punta delle dita. Un progresso è dunque evidente. Ma io temo che la lettura dei giornali di parte ( sia comunisti, sai cattolici, sia padronali) abbia rappresentato più un ostacolo che un vantaggio alla civilizzazione intellettuale e morale del nostro popolo. Vedremo tra poco che il povero non intende il giornale, ma anche quei pochi che lo intendono come potranno istruirsi e civilizzarsi leggendo ciò che è stato scritto con un secondo fine? E qual è mai il giornale che scriva per il fine che in teoria gli sarebbe primario cioè informare e non invece quello di influenzare in una data direzione? Credo che neanche il più geloso difensore di tutto ciò che è cattolico se la sentirebbe di sostenere che i giornali cattolici si distinguano dagli altri per sincerità, onestà, carità, umiltà, disinteresse, distacco. … Non conoscere il male è un’inferiorità che pesa ma di cui si può essere anche orgogliosi. Ma non conoscere il vero è una inferiorità morale e un cristiano non ne può provare che vergogna. Perché la sete di sapere appartiene alla parte più alta dell’uomo e Dio non le ha posto alcun limite positivo se non quello delle nostre possibilità umane. Ecco dunque l’impegno morale tutto proprio del giornale cattolico verso noi preti e verso l’operaio di compensar regalmente con un’oggettività di informazione superiore a quella d’ogni altro giornale la nostra generosa sottomissione ai decreti della Chiesa.

Postato da giancarlochiari il 14/04/2011 19:41

Leggendo la lettera dei ‘ragazzi’ di Barbiana, si capisce quanto contasse un maestro che credeva sia alla sua vocazione di prete, cioè di uomo di Dio, che alla sua funzione di maestro, che prendeva a modello il vangelo. Barbiana sfida ancora la coscienza cattolica e la sfida sul terreno concreto dell’insegnamento: Barbiana non aveva vacanze, ma i suoi alunni ci andavano volentieri e sempre anche quando il priore li faceva lavorare per farsi la piscina, Barbiana sopratutto insegnava a tenere la schiena diritta fornendo ai suoi studenti istruzione seria, con tutto il tempo necessario (più lungo per chi non era figlio di ‘papà’) e soprattutto con i giornali come libri di testo. Purtroppo la lettera ad una professoressa non ha avuto risposta né dalla scuola pubblica, dove pure stando alle percentuali sindacali i cattolici sarebbero in maggioranza (ma c’è un sindacato cattolico nei fatti?) né ancora meno dalla scuola cattolica (ma poi è cattolica una scuola che nei fatti esclude chi non ha mezzi economici?). Il vangelo è molto chiaro su dove debbano stare i cristiani: “la candela sul moggio”, “il sale della terra”, “andate e predicate”, e se non bastasse a chiarire bene il concetto che i discepoli di Cristo devono stare in mezzo agli uomini, c’è la parabola del buon pastore (che non sta nell’ovile ma cerca la pecora fuori) e un’infinità di passi evangelici militano per cattolici nella scuola di tutti non per una scuola di cattolici. Don Milani era la scuola pubblica di un paese che sfidava i collegi e le scuole medie, che ho frequentato superando l’esame di ammissione, riservate a chi poteva studiare anche dopo il triennio. A 44 anni da Barbiana la risposta a quella lettera è la stessa che noi cattolici italiani abbiamo dato alla richiesta del Vangelo, scegliendo l’esempio di Nicodemo per conservare privilegi per evitare rischi. Quando è stato tolto l’esame di ammissione nella media sono entrati tutti, ed è stato un bene, ma la risposta di istruzione non è stata data con lo stile di Don Milani: insegnare a tutti con tutto il tempo necessario ha trovato applicazioni in prevalenza nelle elementari, non nelle medie che hanno risolto il problema della bocciatura classista (scusate il termine) promuovendo tutti non insegnando a tutti. Troppo scomodo rinunciare a 18 ore di orario settimanale, sia alle medie che alle superiori, troppo scomodo spiegare cosa fare per recuperare un deficit e gli stessi portatori di handicap sono stati spesso usati per creare posti di lavoro più che per dare loro i mezzi per superare le difficoltà create dall’handicap. La mia esperienza nei consigli di istituto di medie e liceo mi ha mostrato genitori che avevano paura a denunciare malcostume (ripetizioni), a pretendere il rispetto di diritti (lezioni integrative a scuola), pronti a piegarsi nel timore di ritorsioni sui figli, e altrettanto a giustificare i figli, anche impreparati, pur di avere ‘il diploma’ e non importa come. Nella scuola, media e superiore, si è creato il corto circuito che ha portato alla situazione attuale con insegnanti che proteggevano privilegi, mancanza di programmazione e di competenza didattica, definendosi di destra o di sinistra per cercare ( e trovare) protezione politica alla mancanza di professionalità. Parlando con gli studenti, a torto o ragione, li ha sentiti accusare i prof di fare preferenze, e soprattutto di ridurre l’attività ad un interrogatorio unico e all’eserciziario (in effetti guardando testi di matematica e di latino le pagine più usurate mi sono sempre apparse come le più usate). Con questa scuola che ha eluso Don Milani siamo arrivati a questa situazione: la scuola che insegnava a ragionare, a confrontare, a ricordare, a contare, a vedere se c’era coerenza tra dichiarazioni e comportamenti, se le promesse diventavano fatti non c’è da quando al giornale si è sostituita la televisione (il rimbecillitore occulto di una favola che ho letto su un libro per bambini). La scuola cattolica di don Milani non avrebbe mai consentito la formazione di ragazze e ragazzi disposti a vendersi per il successo: ancora una volta Dio manda al suo popolo i suoi profeti e i primi a ucciderli, come nella Bibbia, sono purtroppo scribi e farisei (quelli cioè che dovrebbero essere al servizio di Dio). Don Ciotti, Don Gallo, don Sciortino e molti altri continuano a testimoniare con tutti i mezzi di cui dispongono ma cardinali e vescovi sembra non abbiano il loro stesso coraggio… una legge solo per un uomo: basta che nessuno lo affronti eppure Teodosio fu messo alla porta da Sant’Ambrogio, vescovo di Milano, l’imperatore fu tenuto nella neve a Canossa, il vescovo Alberigo sfidò il Barbarossa, e l’elenco potrebbe continuare… ma la storia purtroppo non è maestra di vita … Secoli fa il nordafrica, la terra di Agostino, diventò musulmano quando si scoprì che i musulmani non pagavano le tasse…

Postato da luciocroce il 14/04/2011 17:41

Grazie per aver dato voce a questi ex ragazzi ormai nonni e grazie anche per l'intelligente commento: forse non è illusorio alimentare ancora la flebile fiammella della speranza... D'altronde, la speranza è la "condanna" del cristiano costretto, proprio in virtù della sua Fede, a sperare sempre, pure nelle condizioni più disperate: spes contra spem! E anche noi - in questi giorni così difficili, che sembrano non aver mai fine - possiamo allora chiederci: "quanto resta della notte?" e sperare che, prima o poi, essa debba pur finire..... In questa attesa, coraggio e cordiali saluti!
Lucio

Postato da spark il 14/04/2011 17:17

Ho letto sia l'articolo che la lettera, parecchie volte, poi mi sono messo a pensare, ed ho immaginato che entrambi erano appesi nelle bacheche di tutte le parrocchie d'Italia, mentre i sacerdoti dentro le chiese stavano spiegando la pagina del Vangelo dove Gesu' scaccia i mercanti dal tempio, ma non quelli di 2000 anni fa, quelli dei giorni nostri. Si, e' stato bello...anche se era solo un sogno ad occhi aperti!
Osvaldo Bardelli

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