07/08/2010
Dirk Frans, direttore della Iam, l'Internazional assistance mission, nel suo ufficio a Kabul.
La morte di otto volontari cristiani nel Nordest dell'Afghanistan (oltre
a due interpreti afghani) esige un serio discernimento, alla luce della
fede in Gesù Cristo. Anzitutto, non è la prima volta che queste
violenze vengono perpetrate nei Paesi in cui imperversa il jihadismo.
Basti pensare all'eroico sacrificio di un missionario del calibro di
monsignor Pierre Lucien Claverie, ucciso ad Algeri il 1° agosto del
1996, il quale nonostante le minacce dell'islamismo estremista aveva
continuato a visitare le comunità cristiane, incoraggiando i fedeli a
operare per la pace. E cosa dire della morte di Annalena Tonelli, una
laica italiana di eccezionale spiritualità, che spese circa 33 anni
della sua vita come volontaria in Africa, prima di venir uccisa il 5
ottobre del 2003 da un commando islamico chiamato Al-Itihaad al-Islamiya
nel centro assistenziale che dirigeva a Borama, nel Somaliland?
Indipendentemente dalla condizione di laici o consacrati, l'identità
cristiana di questi "caschi blu" di Dio li ha spinti a vivere lo
"Spirito delle Beatitudini", offrendo le loro sofferenze, come veri
martiri, per l'edificazione di una società rispettosa dei diritti
fondamentali della persona. Emblematiche le parole di monsignor
Claverie, secondo cui la sua vita missionaria «dipendeva dalla capacità
d'essere donata».
Si dice sempre che la Chiesa ha bisogno di testimoni: bene, martire
in greco significa appunto "testimone". E questi otto volontari
cristiani caduti in Afghanistan hanno dato prova di credere fino in
fondo nelle parole di Gesù: «Metteranno a morte alcuni di voi; sarete
odiati da tutti per causa del mio nome» (Luca 21, 16-17).
Certamente i talebani, accecati dall'odio, dalla violenza e
soprattutto dall'ignoranza non li hanno capiti. Ma la popolazione civile
afghana, quella che ha sperimentato le loro amorevoli cure, li
ricorderà per sempre. Sì perché, parafrasando Giovanni Paolo II,
attraverso di loro a vincere è stata «la forza dell'amore inerme, anche
nell'apparente sconfitta».
Padre Giulio Albanese
(direttore di Popoli e Missione,
la rivista missionaria della Cei)