07/08/2010
Militanti talebani in Afghanistan al confine con il Pakistan.
La strage dei nove volontari dell’ong Iam (International Assistance
Mission) colpisce non solo per la ferocia con cui sono state uccise
persone inermi e con cui i talebani hanno sottolineato la motivazione
religiosa (“Avevano Bibbie tradotte in dari”, ha detto un loro
portavoce), ma anche perché interviene in un momento particolarmente
delicato per la missione internazionale in Afghanistan.
Gli Usa, che sono l’elemento decisivo dal punto di vista politico e
militare, devono ricostruire un minimo di certezza intorno a una guerra
che, presso l’opinione pubblica americana, è altamente impopolare. Nel
giro di qualche settimana la traumatica sostituzione del generale
McChrystal con il generale Petraeus ha aperto un’inquietante spaccatura
tra militari e politici; le rivelazioni di WikiLeaks, con i 92 mila
documenti segreti pubblicati in Rete, hanno spazzato via ogni ottimismo
di facciata; l’aggressività dei talebani (giugno, con 102 morti tra i
soldati Nato, è stato il mese più cruento dal 2001; luglio, con 66
morti, è stato quello più pesante per le truppe Usa) ha messo in
discussione i risultati raggiunti sul terreno.
Anche l’annunciato ritiro dall’Iraq, dove la pacificazione è molto
più teorica che reale, contribuisce a diffondere un cima da “tutti a
casa” che non aiuta le operazioni in Afghanistan.
Il presidente Obama aveva promesso nuove iniziative sul fronte afgano e
ha fatto di tutto (portando tra l’altro il contingente Usa a livelli mai
visti) per mantenere le promesse. I risultati concreti, però, sono
finora scarsi. E non molto migliori sono quelli politici, dovendo gli
Usa contare su alleati (il Governo Garzai in Afghanistan, quello del
Pakistan appena oltre confine) non troppo affidabili. E’ il limite
insito nelle guerre dell’era Bush, lanciate con la convinzione che il
“modello americano” sarebbe stato abbracciato con entusiasmo da chiunque
avesse solo avuto l’occasione di provarlo.
La strage dei volontari della Iam rischia di allontanare
dall’Afghanistan le organizzazioni di volontariato che sono sempre
state, in questi anni, uno dei simboli più evidenti di un intervento
amichevole, mirato alla popolazione, disinteressato. Per questo i
talebani si accaniscono contro di loro con quella ferocia. La situazione
in Afghanistan è già difficilissima, ma se il rapporto tra la missione
Nato e gli afgani fosse solo mediato dalle divise e dalle armi, non
potrebbe che farsi ancor più complicata.
Fulvio Scaglione