02/04/2013
Il settore manifatturiero continua a calare in tutta Europa.
L'indice Pmi - che misura l'attività manifatturiera nell'Eurozona - è sceso a marzo a 46,8 nel dato definitivo, rispetto a 47,9 di febbraio. Le previsioni erano per un calo a 46,6. La Francia si attesta a 44,0, anch’essa sotto la soglia di 50 che separa la contrazione dall'espansione. Anche Germania (49) e Irlanda (48.6) sono scivolati in territorio di contrazione. Per quanto riguarda l'Italia l'indice Pmi è sceso a 44,5 punti a marzo, il minimo dall'agosto 2012, indeciso arretramento rispetto ai 45,8 punti di febbraio. L'export, comunque, va. A fronte di un mercato interno molto fiacco, per il 37,4% delle imprese appartenenti alle filiere distrettuali si attende un andamento crescente delle esportazioni. Insomma, viene confermata una tendenza che già nel 2012, soprattutto nella seconda metà dell'anno, si era manifestata: se il manifatturiero italiano, il secondo in Europa come dimensioni dopo la Germania, non crolla e' per effetto del mercato estero.
Ma anche gli altri dati macroeconomici non sono confortanti. La
ripresa, anche per il 2013, sarà modesta. Secondo Unioncamere, le
previsioni economiche dei distretti industriali italiani, che
raggruppano più di un quarto delle aziende esportatrici italiane, sono
caute. Il fatturato farà registrare una crescita solo dell'1,1% e per
vedere valori più consistenti occorrerà attendere il 2014, con una
probabile crescita del 4%.
Anche su questi campioni del 'Made in
Italy' pesa il fattore che sta frenando la ripresa di tutto il Paese: la
mancanza di credito. Il 32% delle aziende dei distretti ha avuto
difficoltà di accesso al credito nella seconda parte del 2012, mentre il
40% degli imprenditori non si attende miglioramenti nel corso del 2013.
Ma per una quota ancora maggiore di imprese (il 47%) nel 2013 ci
potranno essere crediti non pagati per difficoltà o fallimenti di alcuni
clienti.
Il 37,4% delle imprese operanti nei 101 distretti censiti
si attende un incremento degli ordinativi esteri, a fronte di un 14,6%
che dovrebbe subire un ulteriore calo. La ripresa dell’export si
confermerebbe trainata dai Paesi extra-Ue (nel 67,5% dei casi, con
segnalazioni di crescita più frequente per gli Stati Uniti, per la
Russia e i Paesi dell’Est, per la Cina e, soprattutto, per il Far East, a
partire dal Giappone), mentre tra i Paesi dell’Unione europea tiene
ancora bene il mercato tedesco. Il presidente di Unioncamere, Ferruccio
Dardanello, dice che è necessario un "salto di qualità, con l’innesto di
nuove competenze che uniscano a quel ‘saper fare’ specifico ereditato
da secoli e ‘figlio’ dei territori, un plus di conoscenze di processi,
di prodotti e di mercati. Questa strategia passa necessariamente
attraverso il capitale umano, favorendo gli investimenti in percorsi
formativi più adatti alle esigenze delle imprese”.
Ma chi e' che 'tiene' di più il mercato? Chi innova e investe in ricerca e sviluppo. Dunque in primis il Distretto del Mobile della Brianza, poi il Distretto lecchese dei Metalli, ma bene si posizionano pure il Biomedicale di Mirandola e il Tessile-Abbigliamento di Carpi. Appunto, per Valter Taranzano, Presidente della Federazione dei Distretti Italiani, serve "allungare le filiere, conquistare nuovi mercati lontani, reinventarsi ogni giorno con intelligenza e flessibilità fa parte del DNA dei Distretti Italiani. Dove, da soli, non si può fare nulla è sul credit crunch e soprattutto nel difficile rapporto con le banche. Ci si deve con forza aggregare affinché venga risolto questo grave problema che ha già messo in ginocchio la manifattura italiana".
Alessandro Guarasci