02/06/2012
Sfollati a Cavezzo, Modena (foto e copertina Reuters).
«Abbiamo festeggiato 38 anni di matrimonio tra un terremoto e l’altro, il 26 maggio scorso. Possiamo dire che il nostro è un amore a prova di scossa». Giuliano Govoni non ha perso la vena di solare ironia che caratterizza gli emiliani. Incontrando sul palco di Bresso lui e sua moglie Cristina, genitori di due figli ormai grandi e nonni di una nipotina di 10 mesi, Benedetto XVI ha voluto stringersi idealmente a tutti coloro che stanno soffrendo a causa del sisma.
«Abitiamo a Cento, che è in provincia di Ferrara, ma in diocesi di Bologna», racconta Giuliano, 64 anni, ingegnere meccanico in pensione. «Quando la terra ha tremato la prima volta, il 20 maggio, il nostro paesino non ha subito tanti danni. Diversi, invece, gli effetti del secondo terremoto, quello di martedì 29 maggio. Il centro storico è stato evacuato, le chiese chiuse, molti edifici sono stati dichiarati inagibili. Casa nostra no, per fortuna. Ma noi dormiamo in roulotte: lo spavento (la terra continua a tremare) è stato ed è ancora troppo».
Giuliano e Cristina appartengono al Movimento Famiglie nuove che fa capo ai Focolarini. «Da tempo avevamo deciso di prendere parte al VII Incontro Mondiale delle Famiglie. Quando due o tre giorni fa ci hanno proposto di incontrare Benedetto XVI a nome di tutti i terremotati abbiamo accantonato ogni forma di timidezza e di ritrosia, pensando a chi sta peggio di noi perché piange un defunto o perché ha visto polverizzarsi ogni suo bene materiale. Siamo saliti sul palco per loro».
I coniugi Govoni vivono al terzo piano di una palazzina che conta nove alloggi. «A casa sono rimaste soltanto due persone anziane. Con tutti è fiorita una solidarietà mai vista prima. In giardino è nata una sorta di tendopoli spontanea: chi ha portato i teloni, chi i pali, chi le sedie, chi i fornelletti», conclude Giuliano: «Voglio ringraziare l’Italia che ci è stata e ci è vicino, dai Vigili del fuoco agli uomini della Protezione civile, dai volontari della Croce rossa agli ex alpini».
Alberto Chiara