01/07/2010
«È dunque ragionevole ipotizzare che nella stagione dei grandi delitti e delle stragi si sia verificata una convergenza di interessi tra Cosa nostra, altre organizzazioni criminali, logge massoniche segrete, pezzi deviati delle istituzioni, mondo degli affari e della politica. Questa attitudine a entrare in combinazioni diverse è nella storia della mafia e, soprattutto, è nella natura stessa della borghesia mafiosa».
Mafia, massoneria, istituzioni dello Stato, politica. In alleanza tra loro per l’obiettivo comune di mettere in atto la stagione delle bombe e delle stragi del 1992-1993. Dichiarazione clamorosa, quella del Presidente della Commissione parlamentare antimafia Giuseppe Pisanu. Per la prima volta viene affermato non da qualche collaboratore di giustizia, non da qualche magistrato o giornalista ma dal massimo organismo del nostro Parlamento che studia i fenomeni di criminalità organizzata.
Pisanu, del PdL, presidente della Commissione, ha presentato ieri, 30 giugno, la relazione intitolata “I grandi delitti e le stragi di mafia 1992-1993”. Un testo che vuole essere un punto fermo («di natura politica, non certo giudiziaria», ha specificato l’ex ministro) di quanto finora acquisito e accertato dall’organismo parlamentare, in vista dell’ulteriore lavoro di approfondimento che la Commissione intende svolgere fin da subito attraverso una serie di audizioni.
Ma non è solo questo passaggio di poche righe a risultare di grande interesse. La ricostruzione di Pisanu ripercorre puntualmente l’intera stagione delle bombe di quegli anni, a partire però dal fallito attentato dell’Addaura, del 21 giugno 1989, ai danni di Giovanni Falcone e dei magistrati svizzeri Carla del Ponte e Carlo Lehmann, attentato che il presidente della Commissione considera «il prologo dei grandi delitti e delle stragi di mafia del 1992-1993».
Il caso dell’Addaura è stato di recente riaperto in seguito alle rivelazioni del “pentito” Angelo Fontana perché – come riporta la stessa relazione – sulla scena dell’attentato «è stata anche ipotizzata la presenza di due agenti della Polizia di Stato, Antonino Agostino ed Emanuele Piazza, probabilmente collaboratori esterni dei servizi di informazione e sicurezza, e quella di un terzo agente definito "faccia da mostro"». In altre parole, c’è l’ipotesi – tutta da verificare – che vi sia un coinvolgimento di pezzi deviati dei nostri servizi segreti.
Luciano Scalettari