23/03/2011
Don Ciotti, esiste il rischio che il discredito sulla magistratura additi alle mafie nuovi obiettivi già di per sé sensibili?
«Le mafie “esultano” quando alla magistratura o alle forze di polizia viene sottratto o si annuncia di voler sottrarre qualche prezioso strumento d’indagine. È il caso del disegno di legge sulle intercettazioni, che si vorrebbe riproporre con il pretesto della privacy, per la quale giustamente esistono già misure di tutela. S’ignora o si finge d’ignorare che le intercettazioni si sono rivelate molte volte decisive per colpire le mafie o risalire alle mafie attraverso indagini su reati collaterali, e che stralciare da quel disegno di legge la “norma Falcone”, che prevede appunto indagini ad ampio raggio, significa fare un regalo alle cosche. Preoccupa poi la riforma di legge sulla giustizia, avanzata in un clima che non favorisce di certo il dialogo e il confronto. Non voglio entrare nel merito del testo perché attendo come tutti di conoscerne i dettagli, ma dalle anticipazioni emerge, al di là di qualche passaggio condivisibile, un disegno allarmante, quello di sottomettere l’autorità giudiziaria, e in particolare la figura dei pubblici ministeri, al potere politico. Rompendo la divisione dei poteri su cui si fonda la democrazia e cancellando quel caposaldo della Costituzione che è l’articolo 101: «i giudici sono soggetti soltanto alla legge». Non dimentichiamo che è stato altissimo il prezzo pagato dalla magistratura nella lotta alla mafia e, prima ancora, al terrorismo. Venticinque vittime, tra il 1969 e il 1995. Ben vengano allora le riforme, a patto però di salvaguardare due punti essenziali: l’indipendenza della magistratura e l’uguaglianza dei cittadini, anche dei magistrati, di fronte alla legge».
a cura di Elisa Chiari