06/12/2011
Di fronte al rischio di un’escalation di violenze e scontri è intervenuto anche l’Alto rappresentante della politica estera della Ue Catherine Ashton appellandosi alla calma e alla moderazione. «Chiedo a tutte le forze politiche di rispettare le regole del processo elettorale e di presentare tutte le contestazioni eventuali per via legale o giuridica», ha aggiunto.
Anche la Divisione per i diritti umani della missione Onu in Congo (Monusco) ha segnalato centinaia di casi di violazione dei diritti umani, già a partire dalle scorse settimane: attacchi alla libertà di espressione individuale e di gruppo, aggressioni, mancato rispetto del diritto di manifestare pacificamente, arresti arbitrari, maltrattamenti, violenze e minacce di morte nei confronti dei difensori dei diritti umani.
Sotto accusa, soprattutto, la polizia congolese e l’Agenzia nazionale di informazione, ma militanti di alcuni partiti. I congolesi chiamati al voto sono stati 32 milioni, in circa 64 mila centri (il Paese è grande come l'Europa occidentale).
Le segnalazioni di problemi, irregolarità e brogli sono già molte: è stato denunciato che non tutti sono riusciti a votare e altri hanno votato più volte.
Nel Paese, insomma, sono ore di paura. Da Kinshasa sarebbero fuggite, attraverso il fiume Congo, 3.000 persone in direzione di Brazzaville, la capitale della vicina Repubblica del Congo. E 4000 ragazzi di strada avrebbero abbandonato i quartieri più “caldi” per cercare rifugio in zone più lontane dal centro. L’Unicef e il Programma alimentare mondiale dell’Onu hanno messo a disposizione 750 tonnellate di beni di prima necessità, principalmente viveri e medicinali, per un eventuale intervento di emergenza.
Secondo le voci che circolano in città, i sostenitori di Tshisekedi provocheranno il caos in città se il presidente uscente dovesse essere annunciato vincitore. E, viceversa, in caso di vittoria dello sfidante, sarebbe pronta a intervenire con la forza la Guardia presidenziale fedele a Kabila.
Se a Kinshasa ci si aspetta il peggio, dall’Est del Paese giungono invece segnali di senso opposto: «Restiamo ottimisti e continuiamo a sensibilizzare la popolazione, lanciando appelli alla calma e insistendo sul fatto che se i risultati devono essere contestati, esistono ricorsi previsti dalla legge», dice Mathilde Muhindo, ex parlamentare e attivista per i diritti umani a Bukavu (il capoluogo della provincia orientale del Sud-Kivu). «Non vogliamo risvegliarci sotto le armi. Abbiamo già sofferto abbastanza in passato».
Alla vigilia del voto, il cardinale Laurent Monsengwo Pasinya, arcivescovo di Kinshasa, aveva lanciato un monito che in queste ore risulta quanto mai attuale: «Come potremo dare fiducia a dirigenti incapaci di proteggere la popolazione? Come eleggere esponenti non in grado di portare pace, giustizia e amore? Vogliamo una repubblica di valori, non di antivalori».
Luciano Scalettari
a cura di Luciano Scalettari