Congo, voto ad alta tensione

Nella capitale deserta si attendono di ora in ora i risultati finali del voto per le presidenziali del 28 e 29 novembre. Il rischio di scontri e violenze è elevatissimo.

Le speranze deluse dei giovani

06/12/2011
Un ragazzo congolese legge i primi risultati delle elezioni (foto Ansa).
Un ragazzo congolese legge i primi risultati delle elezioni (foto Ansa).

Tante sensazioni in questo giornata, "Jour J" - "D Day" per la Repubblica Democratica del Congo: si attendono i risultati delle elezioni svoltesi il 28 novembre. Voci discordanti si rincorrono. Ma ciò che mi fa più riflettere è il volto pensieroso, direi accigliato, di molti giovani. Speravano (e sperano ancora...) in un possibile cambiamento, nella crescita vera della democrazia, nel rispetto delle idee e della vita di ciascuno, dello sviluppo a partire della enormi ricchezze naturali. I segni che finora sono giunti indicano invece una volontà di mantenere lo status quo, una certa indeterminatezza delle cose che permette a pochi di sfruttare al massimo le ricchezze che apparterrebbero a tutti, e questo - sembrerebbe - al di là della volontà popolare espressa nel voto.

E - ben inteso - non si tratta poi solo di una ricchezza quantificabile, ma di un patrimonio di idee e di progetti che rischiano nuovamente di essere affossati. E si capisce dalle reazioni dei più giovani quanto questo brucia nel loro intimo. Qualcuno, forse con un po' di esperienza o spregiudicatezza in più, riesce a scherzarci sopra, a dire che bisogna solo avere un po' di pazienza, attendere ancora qualche anno... Ma veder soffrire i giovani con i loro sogni e le loro attese fa sempre male. Si può trovare una ragione a questa situazione? La più scontata, ma non per questo senza basi di verità, è di incolpare l'Occidente o il cosiddetto mondo economico.

Mi sono visto l'indice puntato contro, non con violenza, ma con la determinazione delle idee: l'Occidente, o almeno un certo Occidente, vuole imporre le sue regole, qui come altrove. E noi europei rappresentiamo questo Occidente, anche se ho potuto spiegare - immediatamente compreso - che io con la politica estera dell'Unione Europea o di altri Stati occidentali ho poco a che spartire. E, ho risposto, spetta ai congolesi - questo un semplice consiglio - di farsi sentire con forza delle parole, con la forza delle idee e dell'informazione, per far conoscere a tutti la vera situazione del loro paese e per cercare lo slancio interiore, esteriore e politico per i necessari cambiamenti. Aspetto con una certa ansia l'arrivo di questa notte per capire a cosa lascerà il posto il silenzio quasi irreale di queste ore. Un modo interessante per sperimentare l'atteggiamento tipico del tempo liturgico dell'Avvento, un'attesa nella preghiera.

                                                                                               Don Roberto Ponti

a cura di Luciano Scalettari
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