06/12/2011
Un ragazzo congolese legge i primi risultati delle elezioni (foto Ansa).
Tante
sensazioni in questo giornata, "Jour J" - "D Day" per la Repubblica
Democratica del Congo: si attendono i risultati delle elezioni svoltesi
il 28 novembre. Voci discordanti si rincorrono. Ma ciò che mi fa più
riflettere è il volto pensieroso, direi accigliato, di molti giovani.
Speravano (e sperano ancora...) in un possibile cambiamento, nella
crescita vera della democrazia, nel rispetto delle idee e della vita di
ciascuno, dello sviluppo a partire della enormi ricchezze naturali. I
segni che finora sono giunti indicano invece una volontà di mantenere lo
status quo, una certa indeterminatezza delle cose che permette a
pochi di sfruttare al massimo le ricchezze che apparterrebbero a tutti,
e questo - sembrerebbe - al di là della volontà popolare espressa nel
voto.
E - ben inteso - non si tratta poi solo di una ricchezza quantificabile, ma di un patrimonio di idee e di progetti che rischiano nuovamente di essere affossati. E si capisce dalle reazioni dei più
giovani quanto questo brucia nel loro intimo. Qualcuno, forse con un po'
di esperienza o spregiudicatezza in più, riesce a scherzarci sopra, a
dire che bisogna solo avere un po' di pazienza, attendere ancora qualche
anno... Ma veder soffrire i giovani con i loro sogni e le loro attese
fa sempre male. Si può trovare una ragione a questa situazione? La più
scontata, ma non per questo senza basi di verità, è di incolpare
l'Occidente o il cosiddetto mondo economico.
Mi sono visto l'indice
puntato contro, non con violenza, ma con la determinazione delle idee:
l'Occidente, o almeno un certo Occidente, vuole imporre le sue regole,
qui come altrove. E noi europei rappresentiamo questo Occidente, anche
se ho potuto spiegare - immediatamente compreso - che io con la politica
estera dell'Unione Europea o di altri Stati occidentali ho poco a che
spartire. E, ho risposto, spetta ai congolesi - questo un semplice
consiglio - di farsi sentire con forza delle parole, con la forza delle
idee e dell'informazione, per far conoscere a tutti la vera situazione
del loro paese e per cercare lo slancio interiore, esteriore e politico
per i necessari cambiamenti. Aspetto con una certa ansia l'arrivo di
questa notte per capire a cosa lascerà il posto il silenzio quasi
irreale di queste ore. Un modo interessante per sperimentare
l'atteggiamento tipico del tempo liturgico dell'Avvento, un'attesa nella
preghiera.
Don Roberto Ponti
a cura di Luciano Scalettari