07/02/2013
(foto ThinkStock)
Curare la dipendenza dal gioco d'azzardo con una pillola. Il primo tentativo al mondo verrà condotto in Australia, uno dei paesi con la più alta percentuale di ludopatici e il maggior numero di slot machines per abitante. Un gruppo di ricercatori dell'università di Melbourne condurrà un esperimento clinico su nove persone considerate dipendenti dal gioco.
Verrà testato l'effetto del Naltrexone, farmaco finora usato per eroinomani ed alcolisti. Secondo l'Australian Drug Foundation, organizzazione non governativa considerata tra le massime autorità nel campo delle droghe, il Naltrexone può essere usato per aiutare persone che vogliono disintossicarsi. Il farmaco è infatti classificato come antagonista dei recettori oppiacei, cioè capace di inibire questi canali situati nel cervello.
In altre parole, assumendo questa pillola l'eroinomane sa di non poter raggiungere lo stesso effetto che la sostanza gli garantirebbe normalmente. Insomma, riassume l'Australian Drug Foundation, il Naltrexone non è in grado di cancellare la dipendenza, ma può agire indirettamente riducendo il desiderio di assumere la sostanza.
Dopo averlo utilizzato contro l'alcool e l'eroina, si proverà a testarlo su chi è dipendente dal gioco d'azzardo.
E se i risultati saranno positivi, il farmaco potrebbe iniziare ad essere prescritto. Già in passato, in realtà, erano stati condotti esperimenti con il Naltrexone sui ludopatici. Ma quelli erano test per misurare la tolleranza al farmaco, mentre ora – per la prima volta – ne verrà misurata l'efficacia. Alle nove persone scelte per il test, verrà somministrato il farmaco in basse dosi.
Poi verranno analizzati gli effetti sul cervello, sottoposto a scelte tipiche del giocatore d'azzardo. “E' una prima assoluta – dice Darren Christensen, esperto di dipendenze all'Università di Melbourne – analizzeremo il loro cervello prima e dopo il trattamento, focalizzandoci sul loro desiderio di scommettere e più in generale sul loro atteggiamento”. Simon Vorgin, specialista di neuroimaging all'ospedale St Vincent di Melbourne, si occuperà di fotografare l'attività del cervello sottoposto all'effetto del farmaco: “Registrando l'attività elettrica del cervello – spiega - proveremo a vedere quali sono le parti attive durante una tipica situazione che il giocatore-dipendente si trova ad affrontare. Ovviamente ci interessa soprattutto capire se e come il Naltrexone è in grado di migliorare la capacità di controllo decisionale”.
All'inizio di quest'anno il farmaco in questione è però finito sotto i riflettori australiani. Un'inchiesta della magistratura ha messo in relazione la morte di tre giovani eroinomani con l'uso di Naltrexone: una clinica di disintossicazione di Sydney è stata condannata per aver installato sui pazienti degli impianti capaci di rilasciare costantemente piccole dosi del farmaco.
Al direttore della clinica è stata ritirata la licenza da psicologo e il Consiglio australiano per la ricerca medica ha ricordato che l'uso di impianti di Naltrexone non è stato approvato nella nazione a causa della mancanza di prove sull'efficacia e la sicurezza.
Le stesse argomentazioni non valgono però per le pillole di Naltrexone, approvate senza intoppi dalla Therapeutic Goods Administration, l'equivalente australiano dell'americana Food and Drug Administration.
Resta un punto su cui molti non sono d'accordo. Invece di cercare un nuovo farmaco che allevi gli effetti del gioco d'azzardo, non sarebbe meglio vietare slot machines e gratta e vinci? In altre parole, ai profitti delle società che controllano questo mercato miliardario potrebbero presto aggiungersi quelli delle case farmaceutiche, e questo a molti australiani non sembra andare bene. Soprattutto a chi lavora da anni con i dipendenti e sostiene l'efficacia dell'assistenza psicologica: “Un'altra pillola per una nuova malattia indotta”, sintetizza con malcelata stizza Tom Simpson della Oakdene House di Sydney, uno dei centri più noti per l'assistenza ai dipendenti dal gioco d'azzardo in Australia.
Stefano Vergine